La Bibbia Non è un Libro Sacro

Ignorante, Presuntuoso, Codardo e persino Eretico.

Basta fare un rapido giro tra i forum a commento dei libri di Mauro Biglino per imbattersi in queste ed altre poco urbane definizioni.

Io, invece, preferisco pensare a lui con un altro aggettivo:

destabilizzante.

È questo l’effetto che mi fa leggere le sue traduzioni e le sue interpretazioni del Libro dei Libri, quella Bibbia che quasi tutti abbiamo in casa e che quasi nessuno ha mai aperto.

La sensazione che le sue opere producono su chi, come me, ha avuto una normale educazione cristiana, è identica a quella che si prova in cima ad una montagna, di fronte allo strapiombo: paura ed attrazione nello stesso tempo, perché sai che può essere pericoloso, ma la curiosità è più forte…

Leggere Mauro Biglino significa avere costantemente le vertigini.

Significa mettere in discussione tutte le nostre certezze, avvalorate da secoli di dottrina, di catechesi, di tradizioni popolari, costruite sulle fondamenta dell’Antico Testamento come testo rivelato dal quale Dio ha parlato all’Umanità.

Ma quelle fondamenta sembrano sgretolarsi sotto i colpi di piccone di un’analisi testuale, puntigliosa fino a diventare maniacale, che ne mette in rilievo ogni minima contraddizione ed elimina ogni sovrastruttura teologica.

Quello che resta, è un’altra storia – molto diversa da quella che ci hanno insegnato.

Nei precedenti libri, Biglino ha proceduto con la meticolosità del filologo, traducendo letteralmente interi passi dall’ebraico o soffermandosi su singole parole, affrontando varianti ed interpolazioni nel testo originale masoretico, esaminando le possibili e diverse interpretazioni.
Un lavoro da accademico – anche se in netto contrasto con la lectio dominante – che costringe il lettore ad un supplemento di attenzione e di concentrazione per tenere il passo dell’erudito.

Ma in questa sua ultima fatica, pur senza mai rinunciare al rigore dello studioso, il discorso corre molto più fluido e si fa diretto.

Con due conseguenze: la lettura risulta semplificata e l’effetto destabilizzante ulteriormente amplificato.

La Bibbia non è un libro sacro.

Non solo: nella Bibbia non si parla della creazione.

Di più: nella Bibbia non si parla neppure di Dio.

Tre concetti sconcertanti che l’Autore giustifica e spiega con citazioni, riferimenti testuali, esempi. Menziona esegeti e docenti di ebraico, rabbini e biologi che sembrano confermare premesse e conclusioni.
Svela connessioni ed affinità con altri testi antichi (Omero incluso, di cui mi illudevo di sapere già tutto), da considerare – al pari della Bibbia – come mere opere storiche.

Denuncia le incongruenze, smentisce verità assodate, presenta una realtà alternativa, scomoda ed assurda. Alla quale si può anche decidere di non credere, ma che non si può più far finta di ignorare.

Alla fine del percorso, il lettore si sente stordito, smarrito, con quel senso di vago malessere che l’alta quota spesso induce. Ma lo sguardo, da quella sommità, non ha più limiti.

Perché il libro ha questo titolo?

Nell’accezione comune la ‘Bibbia’ è l’Antico Testamento e, essendo il resto di quei libri conosciuto con la definizione sintetica di Vangeli o Nuovo Testamento, nel presente lavoro il termine Bibbia, usato per brevità, indica appunto l’Antico Testamento.

Per il significato del termine ‘sacro’ ricorro alle definizioni contenute nei dizionari della lingua italiana:

Sacro (Devoto-Oli): di quanto è connesso alla presenza o al culto della divinità.
Sacro (Garzanti): che si riferisce, che appartiene alla divinità; che riguarda la religione.
Sacro (Zingarelli): che appartiene alla divinità, che partecipa della potenza divina.
La lettura di questo lavoro e di quelli precedenti evidenzia come la ‘divinità’ spiritualmente intesa non sia presente nell’Antico Testamento, in particolare: non c’è Dio non c’è culto rivolto a Dio c’è l’obbedienza timorosa rivolta a un individuo di nome Yahweh che appartiene al gruppo degli Elohim, esseri in carne e ossa che mai sono definiti ‘dèi’ in termini spirituali.

Il libro del Qohelet afferma poi con una chiarezza che non lascia spazio a dubbi, che l’uomo non ha nulla in più (anima o spirito) rispetto agli animali e che, dopo la morte, uomo e animali vanno nello stesso luogo (3,19-20).

Ecco perché il titolo afferma perentoriamente che la Bibbia non è un libro ‘sacro’:

non lo è secondo il significato comune del termine riportato.

I significati che soggettivamente molti attribuiscono al termine ‘sacro’ non possono essere qui contemplati, perché ciò che attiene alla comunicazione deve tenere conto dei valori che i singoli termini hanno in via ufficiale, formalmente condivisa, non soggettiva e personale: pena la totale impossibilità di comunicare e di intendersi.

Articolo scrito da Sabrina Pieragostini, giornalista Mediaset

Fonte: Macrolibrarsi


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