Il Solstizio d’Estate, in cui il Sole culmina allo Zenit, trovandosi così nel punto più alto della Volta Celeste, è sicuramente uno dei periodi più amati e profondamente intessuti di leggende, miti, tradizioni e storia.
Il termine solstizio deve la sua etimologia al latino “solstitium”, derivato a sua volta da “sistere”, nel senso di “fermarsi”, poiché proprio in questo periodo si ha la sensazione che il Sole si fermi, che sorga e tramonti sempre nello stesso punto per tre giorni, sino al 24 giugno, quand20o ricomincia a muoversi, spuntando gradualmente più a sud dell’orizzonte, più a nord per quello invernale.
In questo giorno il Sole, il cui simbolo è il Fuoco, entra nel Cancro, segno d’acqua, dominato dalla Luna. Così, secondo l’immaginario, Sole e Luna, Fuoco e Acqua, Luce e Ombra, Maschio e Femmina, Positivo e Negativo si fondono in una sorta di “matrimonio divino”, in grado di generare energie positive e benefiche sull’intero pianeta. Facile intuire come l’evento suggerisse una serie di pratiche magiche e celebrazioni, con cui l’umanità omaggiava il luminare, fonte e simbolo principale della Vita e del Divino, che si ergeva e si erge ancora in tutto il suo splendore. Il solstizio d’estate si colloca, inoltre, come confine che separa la crescita dal declino.
Da sempre questo giorno, considerato critico, di passaggio, è caratterizzato da riti propiziatori ed esorcizzanti, che si sono in parte metamorfizzati nel passaggio dal Paganesimo al Cristianesimo.
Le feste solstiziali iniziano con le prime civiltà agricole e, tramite il progresso scientifico, l’uomo può sempre più scrutare il cielo, prevedere i principali eventi astronomici e organizzare le sue attività.
Midsummer, mezza-estate, lo chiamano nei paesi anglosassoni. Infatti Shakespeare, nel suo Sogno di una notte di mezza estate, ne raffigura l’aspetto magico, in cui la dimensione onirica e la realtà si fondono, tra amori e incanti nei boschi abitati da fauni e fate, che si divertono a burlarsi dei poveri umani.
Secondo il calendario celtico, la Ruota dell’Anno, legato al ciclo naturale e alla vita rurale, in questo giorno, Alban Heruin (Luce della Riva), uno degli otto sabbat che scandiscono il movimento del Sole, si celebra Litha, dea celtica, che incarna Madre Natura, affine a Diana e Cerere, e che in questa occasione si unisce in matrimonio a Cerumnos, il dio cornuto della fertilità. I Celti, che usarono sicuramente il sito di Stonehenge, complesso megalitico in asse con il sorgere del Sole al solstizio estivo, festeggiavano questo importante giorno con riti in cui il fuoco, simbolo dell’astro, era l’elemento fondamentale.
Il fuoco, dunque, col suo irresistibile fascino e mistero, mette in fuga le tenebre, le streghe e i demoni vaganti nel cielo. Attorno a esso si danza, canta, e durante la notte avvengono prodigi: le acque trovano voci e parole cristalline, le fiamme disegnano nell’aria la scia di promesse d’amore e di fortuna.
Secondo i teorici e i sostenitori del New Age, le straordinarie e imponenti formazioni circolari di pietra in posizione eretta, sormontate da una lastra orizzontale, rappresenterebbero un primitivo osservatorio astronomico. Al centro del complesso si trova Heel Stone, la celebre “Pietra del Tallone”, un asse orientato strategicamente, al quale le pietre sarebbero state allineate con cura, per sintonizzarsi con i primi raggi del solstizio d’estate. Nello specifico, lo schieramento megalitico era atto a prevedere le eclissi solari e lunari.
Ma il solstizio era festeggiato anche dagli Inca. Cuzco, con le sue Mojones, le torri usate come “mire” per stabilire i giorni degli equinozi e dei solstizi, aiutava l’impero a tenerne conto, e ancora oggi nella capitale, in occasione della ricorrenza, si festeggia Inti Raymi, divinità del Sole, mentre i Maya, che dedicavano una particolare attenzione allo studio dei corpi celesti e all’osservazione dei fenomeni astrologici, avevano edificato El Caracol, una sorta di osservatorio celeste, utile ai sacerdoti per monitorare i solstizi, ovvero l’annuncio dell’arrivo di estate e inverno.
Per i Greci, il solstizio d’estate era visto come La Porta degli Uomini, mentre quello invernale come La Porta degli Dèi, elementi di comunicazione tra la dimensione spazio-temporale finita dell’uomo e quella aspaziale e atemporale delle divinità.
Nell’antica Roma le feste solstiziali erano dedicate a Giano Bifronte, rappresentato con due volti, uno barbuto e l’altro giovanile o femminile, a seconda delle interpretazioni. È Giano colui che, ruotando sulla sua terza faccia invisibile, cioè l’asse del mondo, conduce alle due porte solstiziali, quindi è suo il compito di accompagnare il passaggio da uno stato all’altro.
Il 24 giugno, poi, si festeggia la nascita di San Giovanni Battista, fissata, per tradizione, a 6 mesi esatti prima della nascita di Gesù. La data in questione cade vicino al solstizio d’estate, quando già in epoche precristiane venivano celebrati molti culti. Giano, dio bifronte del principio e della fine, delle porte e dei confini, con l’affermarsi del Cristianesimo, ha ceduto il controllo delle Porte Solstiziali ai due Giovanni: San Giovanni Battista, che governa sul solstizio d’estate, la cui festa è conosciuta come Notte di San Giovanni, e San Giovanni Evangelista, che il 27 dicembre presiede al solstizio invernale. Esattamente le stesse date in cui i Collegia Fabrorum festeggiavano Giano.
La somiglianza fonetica fra Janus (Giano) e Joannes (Giovanni) è evidente, e porterebbe a ritenere che la collocazione delle feste dei santi Giovanni in prossimità dei due solstizi non sia stata casuale, ma servisse a “riscrivere” il culto arcaico in termini cristiani. Era davvero arduo sradicare un costume così tanto sentito e diffuso tra la gente, che viveva i solstizi in maniera coinvolgente, ritenendoli momenti di transizione, nei quali era possibile trasformare e sviluppare la rispettiva condizione interiore, una sorta di transitio verso presupposti migliori.
Siamo giunti, quindi, a uno dei più importanti giorni dell’anno, che tra Paganesimo e Cristianesimo, mito e scienza, è un appuntamento imperdibile, emblema della trasversalità delle molteplici tradizioni popolari, che basavano i propri riti sulla semplice osservazione dei corpi celesti, fenomeni visibili in tutte le zone del mondo, da tutte le culture. In queste tre notti, in tutta Europa, saranno migliaia i falò che illumineranno il passaggio del Sole, quasi a voler sostenere fino all’ultimo la massima forza del nostro astro, destinato a discendere di nuovo negli Inferi Celesti.
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