Vi siete mai chiesti che cosa accade quando un Papa muore? Esiste un’antica prassi che prevede tutti i riti e i gesti da compiere … e l’imbalsamazione
Il Martello D’Argento
Anticamente, almeno fino agli anni 40 circa, la morte del Pontefice era accertata con un rituale particolare. Il Camerlengo, ossia il cardinale scelto dal Papa per guidare il Conclave, doveva battere con un martello d’argento la fronte del Pontefice chiamandolo col nome di battesimo e chiedendogli in latino: “Vivis?” (sei vivo?) per tre volte.
Dopo la terza mancata risposta, il Camerlengo si sarebbe girato verso i presenti e avrebbe pronunciato la frase: “Vere Papa mortuus est”: il Papa è morto per davvero.
Questa frase segnava ufficialmente la fine del Pontificato e l’apertura della “Sede Vacante”, ossia tutto il periodo in cui seguono i Novendiali (9 giorni di lutto), le esequie del Pontefice e infine la preparazione e lo svolgimento del Conclave.
Si racconta che quando, nel febbraio 1939, il martelletto d’argento fu messo in mano al cardinale Eugenio Pacelli, Segretario di Stato e Camerlengo di Pio XI, del quale egli avrebbe dovuto accertare la morte, Pacelli si voltò verso i presenti e disse: “Ma vi sembra proprio il caso?”, e rinunciò a compiere il gesto.
Sic Transit Gloria Mundi!
La morte ha sempre impensierito i Papi. Era usanza un tempo, all’atto dell’elezione, bruciare davanti a lui del cotone dicendo: “Sancte Pater, sic transit gloria mundi!” (Santo Padre, così passa la gloria del mondo!, in un lampo, in un niente);
Mentre il Papa appena eletto veniva vestito, un cardinale gli sussurrava all’orecchio: “Non videbis annos Petri”, non vedrai gli anni di San Pietro, cioè non avrebbe avuto un Papato lungo oltre 30-35 anni.
Alessandro VII, che regnò dal 1655 al 1667, aveva molto presente il senso della morte. Per ricordarsela, e per gesto d’umiltà, si fece costruire una bara da Gian Lorenzo Bernini, poi la mise sotto il letto; e sul suo scrittoio, a ricordare la caducità della vita, pose un teschio.
I Precordi
Sono in tantissimi a non sapere che è uso da secoli l’imbalsamazione del corpo del Pontefice … Ebbene si, avete capito bene …
I papi anticamente non si facevano semplicemente sotterrare, ma IMBALSAMARE.
Quella di imbalsamare i corpi dei pontefici defunti e di conservarne a parte le viscere è stata un’usanza praticata per secoli, abolita soltanto da Pio X (1903-1914) che nel suo testamento dispose di non voler essere imbalsamato.
Ma dove andavano a finire questi organi interni, chiamati “precordi” ([pre-còr-di] Il cuore e gli altri organi vicini al cuore, che gli antichi consideravano sede dei sentimenti e degli affetti), oppure “frattaje”, come erano comunemente chiamate dal popolo?
In una chiesa di fronte alla Fontana di Trevi, dedicata ai Santi Vincenzo e Anastasio, che era la parrocchia pontificia del Quirinale, dimora papale fino al 1870.
Sono chiusi in urne di porfido, conservate dietro l’abside, in una cappella sotterranea fatta costruire nel 1756 da Benedetto XIV.
Alla morte di un Papa, la sera stessa dell’imbalsamazione, i precordi erano portati nella chiesa dal cappellano segreto del papa.
Una simile curiosità non poteva sfuggire a Giuseppe Gioacchino Belli, che definì la chiesa “un museo de corate e de ciorcelli” e dedicò nel 1835 un sonetto alla chiesa di “San Vincenz’e Ssatanassio a Ttrevi”, dove si trovano “li pormoni, er core, er fédigo, la mirza e le budella” papali, sistemati “in una specie de cantina ch’è un museo de corate e de ciorcelli”.
“Tu tte sbajji: nun è in una cappella, è ppropiamente su a l’artar maggiore. Li stanno li precòrdichi, Pacchiella, d’oggni Sommo Pontecife che mmore. Che mme bburli? Te pare poco onore? Drent’una cchiesa er corpo in barzamella, e ddrent’un’antra li pormoni, er core, er fedigo, la mirza e le bbudella! Morto un Papa, sparato e sprufumato, l’interiori santissimi in vettina se conzeggneno in mano der curato. E llui co li su’ bboni fraticelli l’alloca in una spece de cantina ch’è un museo de corate e de ciorcelli.”
Nella chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio sono custoditi i precordi di ben 23 Papi, da Sisto V (1585-90) a Leone XIII (1878-1903);
in una lapide all’interno della chiesa si legge che l’iniziativa fu appunto presa da Sisto V, ma l’elenco dei papi con il tempo divenne così lungo da rendere necessaria una seconda lapide.
Per questa sua caratteristica la chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio è sicuramente unica al mondo.
Giusto per sapere qualcuno ha per caso trovato un qualche tipo di analogia ? Vediamo se posso esservi di aiuto.
Ma la domanda che vorrei che la gente si ponesse dopo aver letto questo articolo è: PERCHE’ ?
Cuori Celebri
Condividere il piacere della lettura può essere quasi doveroso; la proposizione di un testo, senza troppi commenti, può limitarsi così ad una presentazione breve per raccomandare caldamente un libro perché originale, bello e culturalmente stimolante.
Il professore Vito Terribile Wiel Marin scrive di cuore, di cuori celebri, normali e patologici, raccolti, curati e custoditi nel corso dei secoli.
La consuetudine di dare al cuore del defunto sepoltura propria privilegiata e differita ha formato una tradizione consolidata nel tempo e affermata in tutta Europa.
Dalle notizie storiche e antropo-etniche, dalle curiosità alle documentazioni, dai riti ai significati religiosi o ai simboli, ma tutto ciò solo per introdurre l’argomento.
La vera trattazione consiste nella sistematica esposizione dei casi, con dovizia di particolari che, lungi dall’appesantire il testo, rendono avvincente e appassionante la lettura.
Dopo il primo lavoro sistematico ad opera di Bradford nel 1933 ove venivano elencati ben 705 cuori celebri, Terribile riprende l’argomento integrandolo e aggiornandolo; racconta di importanti collezioni e raccolte, quali quella di Saint Denis, che raccoglie i cuori sin dal più antico, quello di S. Luigi IX re di Francia (1215-1270), via via per arrivare alla rivoluzione francese;
Quella di Augustinerkirke di Vienna, ove si trova la herzgruft, in cui sono custoditi in 54 urne i cuori di altrettanti personaggi imperiali deceduti tra il 1637 e il 1878; quella della Cappella della Patrona Bavariae di Altötting, che raccoglie tutti i principali elettori e re bavaresi.
Altri ne aggiunge, dal cuore di Guglielmo il Conquistatore (1027-1087), il più antico, al cuore di Boris III, ultimo zar di Bulgaria (1894-1943), il più recente; dal piccolo cuore di Filippo il Bello, re di Francia (1268-1314), al grande cuore di S. Francesco di Sales (1567-1622).
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