Il lavoro è una manna quando ci aiuta a pensare a quello che stiamo facendo. Ma diventa una maledizione nel momento in cui la sua unica utilità consiste nell’evitare che riflettiamo sul senso della vita.
(Paulo Coelho)
Si lavora per vivere o si vive per lavorare? E soprattutto indipendente dalla risposta che vi darete, chi ha deciso il vostro lavoro, vi siete mai chiesti come mai ogni giorno, per molte ore al giorno, per mesi, anni…..come automi vi alzate, uscite, andate al lavoro, tornate….
Senza mai fermarvi se non per lamentarvi ma mai vi chiedete “ ma cosa sto facendo?” vi siete trovati su questa giostra, preparati fin da piccoli alla prassi da seguire, bimbi si gioca, ragazzi si studia, adulti si lavora….
Nella società attuale i soldi sono una necessità, senza non si mangia e, questo è un dato di fatto. Quindi bisogna lavorare per ottenerli. Ma sicuri che per vivere basti questo? Sicuri che voi non stiate pagando cibo, affitto, bollette… non con i soldi guadagnati, ma con tempo speso per ottenerli ? Tra ore di straordinario e un lavoro urgente da consegnare, riuscite a ricordarvi perché siete arrivati lì?
Volevate solo il benessere economico o anche le soddisfazioni che un lavoro che vi piace poteva darvi? Se avete trovato ciò, chiedetevi se ne è valsa la pena, ma in ogni caso preparatevi, perché presto capirete che siete solo delle batterie che alimentano un meccanismo come quello che fa muovere una macchinina telecomandata e come tali, prima o poi, vi scaricherete e inevitabilmente sarete sostituiti… perché la macchinina deve continuare a correre…
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2 Commenti
Grazie che mantenete vivo il ricordo di un lavoro interiore
Esatto, fin da piccoli veniamo indirizzati o ci indirizziamo da soli? Chissà? I ricordi non aiutano. Per quanto mi riguarda, dopo le scuole medie ci avevano portato a visitare diverse scuole, diversi indirizzi scolastici, ricordo che ho scelto un istituto ad indirizzo commerciale per due motivi, primo incuriosita dalla “stenografia” e attratta dalle macchine da scrivere, secondo perché era, in quel periodo, una scuola che offriva sbocchi nel mondo del lavoro al contrario di altri istituti come l’artistico o i licei e poiché la mia famiglia non navigava nell’oro, pensavo così di poterla aiutare economicamente una volta terminati gli studi. Ecco, questo secondo pensiero era un pensiero che avevo prodotto io? Ambedue i pensieri circolavano nella mia mente (non ricordo se ce ne fossero altri) e così la scelta è stata per la scuola ad indirizzo commerciale. Chi è stato a scegliere?