In fisica quantistica è famosa la questione del gatto di Schrödinger. Si tratta di un quesito che fa riflettere sul tema delle convinzioni oggettiva e richiama il tema di percezione personale.

La fisica quantistica è uno dei temi più dibattuti della nostra epoca. Le sue straordinarie scoperte hanno messo in discussione le convinzioni più salde sulla natura della Realtà, scuotendo dalle fondamenta il metodo e la teoria scientifica. Di fatto, siamo davanti a una seconda rivoluzione copernicana nel campo della scienza. Di tale rivoluzione ha spesso usufruito anche il versante umanistico della conoscenza: alla luce del nuovo paradigma, la separazione tra scienze umane e scienze naturali pare infatti arbitraria e fittizia. Poesia e matematica, ispirazione e calcolo riscoprono le loro radici comuni.

Contro l’unità dei saperi remano però ostacoli di primaria importanza. Innanzitutto la difficoltà del linguaggio specialistico della scienza: per i profani della fisica non è semplice seguire i discorsi tecnici della meccanica quantistica. D’altra parte gli stessi risultati sono tutt’altro che definitivi; una teoria generale della Realtà è lungi dall’essere elaborata in maniera scientificamente rigorosa e condivisa (date le acquisizioni di Gödel, una teoria del tutto è pensabile più dal punto di vista filosofico che matematico, ma non approfondiremo la questione della dicibilità della Realtà in questa sede).

Probabilmente la nostra è un’età di mezzo: un momento storico di straordinarie scoperte e aperture di cui abbiamo forse intravisto soltanto l’inizio.

In questo breve articolo saranno messi in evidenza alcuni risultati della fisica quantistica al fine di stimolare la riflessione critica sulle prospettive che ci apre la scienza. Per un verso la fisica quantistica viene tirata in ballo da molte teorie olistiche, forse troppo semplicisticamente e senza la contezza della sua complessità.

Per un altro verso invece i risultati di tali ricerche sono stati ignorati se non addirittura dileggiati dalla cosiddetta opinione pubblica. Infatti la coscienza umana non pare essersi allineata con le più importanti scoperte scientifiche dell’ultimo secolo, ormai consolidate in ambito accademico: la maggior parte degli uomini vive nella tradizione della fisica galileiana, la meccanica classica secondo la quale oggetto e soggetto sono rigidamente separati, secondo cui l’osservazione empirica è incontestabile, e la fede può essere riposta soltanto nel criterio del verificazionismo materialista.

La materia è quanto può essere osservato direttamente dalla scienza, e questo è tutto. Peccato che tale paradigma di pensiero, la “scienza normale “ di questa epoca, secondo la definizione di Thomas Kuhn, noto epistemologo, risalga a parecchi secoli fa, come dimostrano la storia e la filosofia della scienza. Qualcuno ha forse visto l’atomo e le sue particelle? Il materialismo scientifico, come quello storico, ha ormai i giorni contati.

Tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento alcuni scienziati si accorsero infatti che il paradigma della fisica classica sembrava non funzionare per la dimensione microscopica delle particelle. Le particelle subatomiche hanno un comportamento impensabile nel paradigma della scienza galileiana, poiché hanno un duplice statuto: si comportano sia come particelle, ovvero piccoli corpi (la cui grandezza è in realtà infinitamente divisibile, cosa che di per sé genera evidenti paradossi, osservati sin dall’antichità), sia come onde.

Non possibile decidere se siano onde o particelle; ma non solo. Non si può neppure determinare in modo scientifico la loro posizione. Secondo la fisica classica è possibile conoscere con precisione la posizione e la velocità di un corpo in un dato sistema; il principio di indeterminazione di Heisenberg afferma invece che si può conoscere soltanto uno dei due dati con certezza, mentre l’altro è soggetto a una conoscenza probabilistica. Si tratta di un principio destabilizzante per la scienza, che fino ad allora aveva preteso di misurare con certezza i corpi e i loro movimenti, determinando con precisione i confini della propria conoscenza.

Ma perché accade ciò? Perché l’osservazione influisce sull’onda/particella. Questo punto è fondamentale: le particelle non sono inerti, impassibili alla misurazione, come accadeva nei corpi macroscopici di cui si occupava la fisica classica: il soggetto osservante influenza l’oggetto osservato. In fisica si parla di collasso della funzione d’onda: se osservata, l’onda si comporta come una particella.

Le proprietà del principio di Heisenberg valgono anche per l’emissione dei quanti, da cui ha preso il nome la nuova fisica: i quanti sono i pacchetti di energia rilasciati in un dato periodo di tempo dagli atomi instabili al fine di raggiungere la stabilità. Ma così come non si può stabilire al contempo posizione e velocità delle particelle, ugualmente non si possono determinare i quanti rilasciati e il tempo in cui ciò avverrà. Non si tratta di un problema tecnologico, di incapacità dei mezzi, ma di caratteristiche intrinseche alla struttura della realtà. Sono molti i concetti emersi dalla fisica quantistica che hanno rivoluzionato la storia del pensiero.

Tra queste è possibile citare: l’entanglement, ovvero l’interconnessione tra due particelle a prescindere dal nesso spazio-temporale; la natura ondulatoria della materia; la sovrapposizione, ovvero la compresenza tra più stati nella medesima particella; il concetto di misura e di osservazione come concause nella determinazione dei fenomeni fisici. Un esempio che ben sintetizza parecchie di queste tematiche e che è fondamentale per la riflessione sulla natura della Realtà è l’esperimento mentale di Erwin Schrödinger.

Egli partì dall’interpretazione di Copenaghen della fisica quantistica, secondo la quale è possibile applicare alla dimensione macroscopica della fisica classica le leggi scoperte dalla meccanica quantistica nella dimensione subatomica, al fine di mostrarne i paradossi.

Immaginiamo una scatola d’acciaio, con dentro un gatto, una fiala di cianuro e un congegno collegato a materiale radioattivo, congegno che viene attivato dal rilascio di energia quantica da parte del materiale radioattivo e che distruggerebbe in tal caso la fiala.

Il cianuro ucciderebbe il gatto, impossibilitato a fuggire. Ma per la legge di Heisenberg non possiamo sapere se e quando avrà luogo la radiazione, ovvero il rilascio di energia. Se andiamo a verificare le condizioni del gatto, in realtà non compiamo una verifica, ma determiniamo con la nostra osservazione il suo stato. Finché non verifichiamo se il gatto è vivo o morto ha luogo il paradosso: il gatto è contemporaneamente vivo e morto, la radiazione ha luogo e non ha luogo nello stesso tempo.

Se la sovrapposizione di stati a livello microscopico non destava problemi, la sua applicazione al livello macroscopico diviene imbarazzante. Non sono certo mancate le interpretazioni mistiche: il mistico è infatti il regno della coincidentia oppositorum.

Altri hanno elaborato delle interessanti teorie sulla possibilità di universi paralleli: il gatto è sia vivo che morto in universi paralleli di cui ogni istante nel continuum spaziotemporale può essere l’inizio, o l’incrocio. I più scettici hanno separato macroscopico e microscopico: la fisica quantistica non può funzionare nel macroscopico perché lì non c’è un ambiente isolato come in laboratorio, un ambiente “puro”, che precede l’osservazione, come accade invece nel microscopico, dunque è tutto già sempre determinato.

Ma quest’ultima teoria, che nelle intenzioni dovrebbe scardinare l’applicazione delle leggi della meccanica quantistica, di fatto la avvalora. La fisica quantistica ci dice che è l’osservazione a determinare la realtà; è sempre il nostro occhio a decidere in che stato si trova il mondo fisico che ci circonda.

Se non c’è la compresenza di stati è perché abbiamo già osservato e concretizzato in una certa direzione la materia senza esserne consapevoli. Abbiamo fatto collassare l’onda senza rendercene conto. In effetti il mondo della fisica quantistica è un mondo nuovo, sconosciuto, difficile e contraddittorio. Molto c’è ancora da fare, comprendere, studiare. Ma i suoi principi fondamentali, dimostrati e analizzati da quasi un secolo, pongono l’uomo nuovamente al centro dell’Universo.

Soggetto e oggetto sono intimamente collegati: il soggetto con la sua osservazione plasma la Realtà che ci circonda. L’attenzione prestata a certi aspetti della Realtà la materializzano. Non è più soltanto Metafisica, Poesia o Filosofia: è la Scienza che lo afferma, sia pure con enorme ritardo.

Anche il pensiero logico-analitico ha così scoperto quella Verità che l’Intuizione conosceva già: lo Spirito e la Natura sono due aspetti dell’Uno, osservatore e oggetto osservato sono uniti. Coscienza e mondo si rispecchiano e influenzano vicendevolmente. Oggi l’Uomo non può più fare appello neppure alla Scienza per fuggire dalla sue Responsabilità: essa ci richiama alla Consapevolezza, alla Comprensione delle Leggi ancestrali che regolano il Creato.

Siamo noi stessi a creare la materia e gli stati della Realtà che ci circondano; la nostra Osservazione è un agente fondamentale in questa co-creazione. Come un raggio laser ben direzionato, l’Osservazione Cosciente può dunque formare il nostro Universo con Intelligenza, anziché in maniera dispersiva e inconsapevole.

La Realtà non è distante da noi; non è un universo parallelo col quale possiamo accontentarci di interagire, lottando contro il fato. La Realtà dipende dal nostro occhio, come insegna la fisica quantistica. Probabilmente la nascita di questa nuova Scienza non è che il timido accenno di quella che sarà la grande Scienza del futuro, in cui lo Spirito maturerà nella Consapevolezza dell’Essere. Come diceva Ralph Waldo Emerson, siamo immersi in una rete di immensa Intelligenza. L’uomo non si è avveduto di essere immerso in essa, come un pesce non si accorge di nuotare nel mare.

Tu sei il mare e io nuoto
in Te, come un pesce.

Tu sei il deserto che io
percorro, come una gazzella.

Riempimi del tuo respiro.
Non posso stare senza,
perché io sono il tuo oboe. E suono…

Jalāl Al-Dīn Rūmī


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