Il modello olografico e la teoria degli universi paralleli suffragano le antiche tradizioni sciamaniche, che facevano uso dei sogni per attingere informazioni da una specie di memoria permanente presente nella psiche, nel campo magnetico individuale, nonché in ogni struttura energetica dell’universo.
Chiamata Akasha dalla millenaria tradizione vedanta, Campi Morfici dallo scienziato Rupert Sheldrake, Inconscio Collettivo dallo psichiatra Carl.G. Jung, Quantum Potential dal fisico David Bohm, Matrix Divina dallo scienziato Gregg Braden, è possibile accedere alle informazioni registrate in questa memoria universale, cambiando lo stato di coscienza, come avviene, per esempio, mentre sogniamo. Ogni notte, in maniera naturale, viaggiamo in queste dimensioni, dove possiamo espanderci e attingere informazioni altre, che ci servono per avere un quadro della nostra vita più completo.
Sono i popoli sciamanici i grandi precursori della cultura del sogno come stato di coscienza espansa, a cui era possibile ricorrere per guarire, prendere decisioni personali e nell’interesse della comunità, incontrare gli Spiriti e riceverne consigli e assistenza. Questa antica conoscenza della dimensione onirica, insieme al suo utilizzo, ci apre un campo di possibilità molto ampio, che esula dal modello psicoterapeutico tradizionale.
I sogni non solo ci rivelano la nostra dimensione interiore, ma ampliano la nostra coscienza in reami sconosciuti, per completare l’esperienza della realtà di veglia, di cui ci indicano aspetti che spesso non vediamo o che occultiamo, ci riferiscono le percezioni extra sensoriali immagazzinate involontariamente circa una situazione o una persona, ci offrono soluzioni inaspettate, ci dicono chi siamo veramente e ciò che desideriamo profondamente, convogliano messaggi importanti in merito alla direzione della nostra vita, a decisioni importanti e alla nostra salute. Inoltre, ci insegnano che siamo esseri spirituali e ci permettono di entrare nella frequenza di entità evolute.
Ma cos’è un sogno? Secondo Freud ogni sogno è un desiderio nascosto, ma Jung ci ha dimostrato che non è così. La maggior parte delle volte, infatti, il sogno può essere la rilettura di un episodio o un evento della nostra vita particolarmente impresso nella memoria.
Può costituire un punto di vista che il sognatore non aveva preso in considerazione nella sua vita cosciente riguardo una persona o un fatto. Possono essere, anche se raramente, sogni premonitori. Altre volte sono sogni archetipici, figure dell’inconscio collettivo rintracciabili non soltanto in tutti i tempi e in tutti i paesi, ma anche nelle fantasie, nelle visioni e nelle idee illusorie del genere umano.
Molte persone lamentano di non ricordare i loro sogni. Lo stile di vita, l’assunzione di farmaci inibitori, di droghe, un’alimentazione selvaggia possono interferire sulla memoria dei sogni. In particolare è la mancanza di attenzione alla nostra vita interiore, sempre proiettata all’esterno nelle varie occupazioni.
La nostra cultura tende a inibire la connessione con la parte profonda del nostro essere, probabilmente perché in questo modo diventiamo più docili e manipolabili. Recuperare il potere dei nostri sogni, instaurare un dialogo con essi, permettere loro di rendere la nostra vita più colorata e straordinaria, è un atto di guarigione. È permettersi di diventare esseri più completi e più forti.
Ricordare un sogno può essere dunque un gioco di pazienza, oltre che il risultato di un allineamento. Non a caso si riescono a rivivere maggiormente quelli avuti durante un fine settimana piuttosto che nei giorni lavorativi. Questo perché si ha più tempo per farli riemergere dalla memoria.
Due requisiti sembrano essere fondamentali per ricordarli. Il primo è essere svegliati bruscamente da una sveglia o da un rumore. Il secondo è dato dalla motivazione, o anche solo la curiosità, di ricordare i propri sogni, e l’assenza di pensieri o attività interferenti subito dopo il risveglio.
Questi elementi ci possono consentire di essere dei “buoni rievocatori”. È sufficiente poi concentrarsi sulle ultime immagini che l’attività onirica ci rimanda e iniziare da qui a ripercorrerle in modo retrogressivo, vale a dire andando indietro con la mente: a poco a poco la trama del sogno con tutti i suoi attori e scenari comincerà a prendere forma e su di essa si potrà imbastire un resoconto.
I sogni dal loro canto condividono molte caratteristiche con i fatti successi nella veglia: i loro contenuti, i fenomeni che possono disturbarli e il fatto che entrambi vengono archiviati nella memoria a lungo termine. Non a caso un evento accaduto durante il giorno può far venire in mente una parte di un sogno della notte precedente.
Anche i meccanismi cerebrali che consentono di ricordare i sogni sono gli stessi di quelli che permettono di recuperare dalla memoria gli episodi successi nella veglia? I risultati di uno studio, pubblicato sulle pagine del Journal of Neuroscience ed eseguito dai ricercatori del dipartimento di Psicologia dell’Università Sapienza di Roma e dell’Associazione Fatebenefratelli per la Ricerca assieme ai team delle Università de L’Aquila e di Bologna, ha risposto affermativamente a questa domanda. A quanto pare entrambi condividono una base cognitiva comune.
Uno degli esercizi migliori per allenare la mente a ricordare i sogni è quello di tenere un diario, in cui trascrivere sotto forma di parole-chiave le immagini oniriche che riportiamo alla memoria, ma dobbiamo farlo tassativamente come prima cosa poco dopo aver aperto gli occhi, altrimenti non saremo più in grado di accedere ai nostri ricordi semicoscienti. Non importa se all’inizio non riusciamo a visualizzare proprio tutto, dobbiamo perseverare: solo così alleneremo il nostro cervello a perfezionare la memoria dei sogni e a comprenderne il significato.
Escludendo quelli più comuni, il significato dei sogni in generale è comprensibile solo con un’analisi soggettiva, attenta e minuziosa, poiché i sogni sono correlati con la vita quotidiana del sognatore che guarda alle relazioni con se stesso, con le persone e con il mondo.
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