La cattedrale di Napoli è meravigliosa, anche se non pubblicizzata come meriterebbe.
L’edificio sacro è dedicato all’Assunta e sorge nel cuore della città greco-romana, tra il decumano superiore ed il decumano maggiore, area che rimase il fulcro della vita cittadina fino allo spostamento della residenza reale da parte di Carlo d’Angiò alla fine del tredicesimo secolo. È uno dei migliori esempi di “architettura composita”, in quanto è il frutto della sovrapposizione di più stili che partono dal gotico puro del Trecento al neogotico ottocentesco, sulla base di elementi paleocristiani ed attraversando notevoli aggiunte barocche.
In epoca medioevale l’intera zona prendeva il nome latino di “platea summae plateae”, per indicare l’importanza del luogo, ed era piena di edifici di culto e nobiliari. Le più antiche fonti agiografiche, comunque non anteriori al IX secolo, ne attribuiscono la fondazione addirittura a San Pietro, ma molto probabilmente si tratta di notizie celebrative diffuse per accrescere il prestigio della cattedrale.
Il luogo dove oggi sorge il Duomo ha ospitato nel passato numerosi templi pagani e poi la basilica di Santa Restituta, nonché vari altri oratori e cappelle, di cui una parte sopravvive inglobata nella stessa cattedrale, quasi fagocitata dai diversi secoli successivi. Secondo la “Cronaca di Partenope”, risalente al XIV secolo, Aspreno, il primo vescovo della città, fondò nei pressi dell’attuale Duomo, l’oratorio di Santa Maria del Principio. Successivamente fu il Vescovo Zosimo, nel 334, a far edificare la basilica di Santa Restituta, sulle rovine di un antico tempio dedicato ad Apollo. Vi è tutta una tradizione che parte dall’imperatore Costantino ed arriva alla fine del Medioevo.
La cattedrale fu completata, nell’assetto simile a quello attuale, nel 1314 sotto il regno di Roberto d’Angiò e solennemente dedicata alla Madonna Assunta. Il Duomo fu più volte distrutto, in parte, da vari terremoti e le superstizioni popolari ne attribuirono la colpa al vescovo Filomarino che, nel 1322, aveva fatto distruggere una grande statua equestre in bronzo collocata da secoli nei pressi dell’edificio sacro.
Egli, infatti, non sopportava le dicerie esistenti attorno a quella scultura che, secondo la leggenda, sarebbe stata scolpita da Virgilio in persona con arti magiche e che avesse il potere di guarire i cavalli malati. In realtà il precitato vescovo fece fondere la statua, per ricavarne metallo per le nuove campane.
La navata destra della cattedrale ospita la cappella del Tesoro di san Gennaro. Quest’ultimo è un personaggio, per molti versi ancora leggendario e sul quale disponiamo di modeste fonti. Di lui si sa, con ragionevole certezza, che fu vescovo di Benevento e che fu decapitato presso la Solfatara di Pozzuoli durante la persecuzione voluta da Diocleziano.
Il cosiddetto miracolo di San Gennaro è oggetto di studio da parte di scienziati di tutto il mondo, che invano hanno cercato di darne una descrizione plausibile ed una spiegazione razionale. Il presunto sangue di San Gennaro è conservato in due ampolle molto antiche che vengono mostrate al pubblico solo tre volte l’anno (il sabato che precede la prima domenica di maggio, il 19 settembre ed il 16 dicembre), nei giorni in cui dovrebbe avvenire il proverbiale miracolo, ovvero lo scioglimento del sangue del santo.
I fedeli legano le sorti della loro città proprio alla puntualità del miracolo: infatti credono che se il miracolo avviene nei giorni previsti, la città continua ad essere protetta, altrimenti bisogna temere gravi sciagure. Innanzitutto gli scienziati si sono chiesti se davvero, custodite nelle ampolle, ci sia del sangue, anche perché la Chiesa ha sempre proibito l’apertura delle ampolle.
Nel 1989 è stato condotto un esperimento con le stesse tecniche di un altro esame, compiuto alcuni decenni prima, eseguendo un’analisi spettroscopica rudimentale, che rivelò la presenza di emoglobina, sostanza effettivamente presente nel sangue. Molti dubbi sono rimasti per il fatto che non è mai stato utilizzato uno spettrometro elettronico, tantomeno i risultati sono stati mai pubblicati su una rivista scientifica specializzata.
Tre studiosi nell’ottobre del 1991, hanno elaborato sulla rivista “Nature”, una pubblicazione dal titolo “Working bloody miracles”, che spiegava il fenomeno dello scioglimento del sangue o di ciò che è contenuto nelle ampolle con la “tissotropia”. Si tratterebbe di materiale “tissotropico”, che diventerebbe fluido se sottoposto a sollecitazioni meccaniche, come vibrazioni ed agitazioni (tipo far oscillare le ampolle davanti ai fedeli), e che poi solidificherebbe di nuovo se lasciato al suo posto. Ovviamente questa non è la sede per contestare il miracolo che, come dice il teologo Nicola Bux, serve a “rinsaldare la fede”.
Nell’incertezza, fin quando non ci saranno incontrovertibili spiegazioni scientifiche, è quasi meglio crederci, per non attirare sventure sulla città. La cappella del Tesoro di San Gennaro risale al 1527, derivando proprio da un voto che i napoletani fecero contro tre terribili flagelli: il colera, la guerra franco-spagnola e l’eruzione del Vesuvio. La statua di San Gennaro posta sull’altare maggiore della cappella è attorniata dai busti di ben 51 santi compatroni di Napoli, un tipico culto di derivazione pagana: è evidente infatti come i santi cristiani abbiano di fatto sostituito gli antichi “numi tutelari” dell’epoca greco-romana.
Ma la parte più interessante di questo straordinario edificio sacro, è sicuramente la navata sinistra, dove si apre l’accesso alla scala del torrione del Tesoro Vecchio. In questi ambienti era presente la “Compagnia della morte”, o anche denominata “Confraternita di Santa Restituta dei Neri”.
Si trattava di una setta che vestiva il sacco nero e che aveva come compito ufficiale quello di dare sepoltura agli indigenti morti improvvisamente. L’archivio della misteriosa Congregazione fu acquistato solo nel 1982 e, nello stesso anno, pervenne all’archivio d stato, attraverso la soprintendenza archivistica della Campania. In effetti è stato poi ordinato solo di recente, rivelando alcuni documenti interessanti, tra cui si segnala il “Libro della tassa dei fratelli della Congregazione della morte alias “dè Negri”, per godere dei benefici de’ funerali”.
I veri scopi di questa setta sono ancora avvolti da fitte nebbie di incertezza ed hanno originato varie leggende legate al mondo occulto e rituale, di cui parlo nel mio romanzo “Le tenebre dell’anima” (pagg, 92 e ss.). Una porta della navata sinistra conduce alla zona più antica del comprensorio, cioè alla affascinante basilica di santa Restituta, interessante esempio dell’arte paleocristiana napoletana, e da cui si può accedere agli scavi archeologici dei sotterranei del duomo, dove vi sono numerosi resti della città greco-romana, nonché di un vasto complesso di catacombe, che, secondo la tradizione, sarebbero addirittura collegate con Roma.
Scendendo nel sottosuolo del Duomo si scopre il “grembo di Napoli”, da cui la stessa città è nata e che, nonostante i numerosi scavi archeologici che si sono succeduti nel tempo, conserva ancora vaste zone inesplorate e misteri irrisolti.
Articolo di Luigi Angelino
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