La foresta di Hoia Baciu, in Transilvania, è considerata tra le più infestate e misteriose al mondo, tanto da essersi guadagnata l’appellativo di “casa del diavolo”.
Non sono pochi quei posti al mondo che risultano essere circondati da uno spesso alone di mistero, protagonisti di macabre vicende, o più spesso contorno di crude leggende, queste ultime ormai talmente assodate nella cultura popolare, tramandate di generazione in generazione, da poter essere considerate quasi veritiere.
Uno degli esempi a noi geograficamente più vicini è la foresta di Hoia Baciu. Situata nella zona Nord-Ovest della Romania, in una regione della Transilvania vicina alla città di Cluj-Napoca, questa foresta di modeste dimensioni, appena 250-300 ettari di vegetazione boschiva che vanno a coprire una superficie di circa 3 kmq, è considerata tra le più infestate e misteriose al mondo, tanto da essersi guadagnata l’appellativo di “casa del diavolo”.
La tradizione, difatti, vuole che il demonio in persona risieda nella vegetazione e la stessa foresta sia in grado di percepire le emozioni di chi vi entra: nel caso in cui queste siano piene di pensieri omicidi, mostrerebbe alla luce del sole la vera natura dei soggetti, prima di richiedere il proprio terribile tributo.
Sono molti gli arcani che la tradizione transilvana accosta a Hoia Baciu: la maggior parte di questi, si parla di circa un migliaio di casi, legati alla sparizione dei malcapitati che si sono ivi avventurati.
La più celebre scomparsa, la quale dà nome alla foresta, è quella di un allevatore di pecore (traduzione baci), che, dopo aver condotto il suo gregge di duecento animali all’interno della stessa, è sparito, così come le sue pecore, senza mai fare ritorno. Un altro caso riguarda una donna, la quale sarebbe scomparsa per alcuni giorni, per poi fare ritorno a casa come nulla fosse accaduto e con una moneta del XV secolo in una tasca.
Il caso più inquietante riguarda, però, una bambina locale, che sarebbe sparita per cinque anni per poi fare ritorno, con addosso gli stessi vestiti e senza apparire invecchiata di un giorno, convinta di aver girovagato soltanto per alcune ore. Questi episodi, in ogni caso, appartengono soltanto alla tradizione orale transilvana: non esistono testimonianze dirette di queste sparizioni, ormai attestate soltanto in documenti redatti molto tempo dopo, ma sono ben radicate nella narrazione popolare rumena.
Ben concreta risulta invece essere la testimonianza di Emil Barnea, tecnico militare che, trovatosi a Hoia Baciu in gita di piacere, notò un oggetto volante in cielo e, incapace di identificarlo, decise di scattargli una foto: l’immagine è stata oggetto di numerosi studi da parte di chi la considera una prova dell’esistenza degli alieni.
Nonostante un grande fermento internazionale riguardo a questo scatto, il direttore dell’osservatorio astronomico di Cluj la definì una foto autentica, quindi non manomessa o artefatta, ma scattata a un pallone idrovolante che si trovava in un’angolazione particolare.
La testimonianza di Barnea, comunque, non è l’unica a carattere extraterrestre: più persone hanno dichiarato di aver assistito a particolari giochi di luci, strani tremolii, di aver visto una nebbia nera composta da occhi verdi calare sulla foresta, oltre a sagome umane non meglio identificate aggirarsi tra gli alberi. L’ultima dichiarazione di questo tipo risale al 2002, quando due residenti di un complesso di appartamenti di Cluj sono riusciti a catturare ventisette secondi di riprese di un oggetto luminoso a forma di sigaro, lungo circa cinquanta metri, che si librava sopra la foresta.
Se tali casi possono comunque essere circoscritti al campo della suggestione, se non addirittura della fantasia, sotto gli occhi di tutti risulta essere la particolare forma stessa della foresta.
Hoia Baciu, nonostante la sua esistenza ormai plurisecolare, presenta alberi dai tronchi molto sottili, all’apparenza giovani, contorti su loro stessi, innaturali e inquietanti. La leggenda narra che altro non sarebbero che i contadini locali, scomparsi in passato e magicamente trasformati in vegetazione.
Al centro della foresta può inoltre essere trovato uno spiazzo perfettamente circolare, chiamato Zona Morta, nel quale non cresce alcuna pianta, né arbusto. Tale area ha da sempre attratto i curiosi e numerosi studi sono stati eseguiti sul suo terreno, nel tentativo di dare una spiegazione razionale all’assenza di flora: nonostante le ricerche, nulla è stato trovato a giustificazione del fenomeno.
Un’ulteriore questione, senza spiegazioni, ma universalmente riconosciuta, è quella delle affezioni, fisiche e psicologiche, che colpiscono chiunque decida di addentrarsi a Hoia Baciu: una sensazione di malessere costante, ansia, nausea, dolori alla gola uniti a una sete eccessiva, capogiri e addirittura ustioni sulla pelle, oltre alla sensazione di essere osservati di continuo. A subire gli effetti di Hoia Baciu sono anche gli strumenti tecnologici, come bussole, telefoni e radio, i quali al suo interno cesserebbero di funzionare.
A cercare di dare una spiegazione razionale a questi fenomeni è stato il biologo Alexander Sift, che, dopo essere stato ricoverato in ospedale per due settimane a causa di forti febbri e ustioni su tutto il corpo, scaturiti in seguito a una visita nella foresta, trascorse il resto della sua vita a indagare i misteri di Hoia Baciu.
In base alle sue ricerche egli ha ipotizzato che la causa dei malesseri e delle allucinazioni fosse un forte magnetismo naturale, presente nel sottosuolo, capace di generare una radioattività superiore a quella dell’uranio naturale. Trovando molti punti in comune con tale malattia, Sift definì ciò che colpiva le vittime di Hoia Baciu un’evoluzione della cheratosi attinica, un morbo cutaneo dovuto a un’eccessiva esposizione ai raggi ultra violetti del Sole.
Le ricerche di Sift, però, non trovarono mai valida base scientifica, né ricevettero considerazione dalla comunità internazionale. Dopo la sua morte, nel 1993, la maggior parte degli appunti e delle foto vennero dispersi; quel poco rimasto venne raccolto dall’amico Adrian Patrut, che nel 1995 pubblicò le sue ricerche nel libro Fenomenele de la Pădure Hoia-Baciu.
I misteri che circondano la foresta continuano a esistere tutt’oggi e Hoia Baciu è ormai diventata una delle più ricercate mete turistiche della Transilvania.
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