Cosa rende vivo un organismo? Cosa ci rende diversi da un sasso o da un robot? È il battito del cuore? Sono i pensieri che abitano la nostra mente? O per il fatto che nasciamo, cresciamo e moriamo? Alcuni scienziati hanno pensato che potremmo condividere questi aspetti con qualcosa di molto più grande: è possibile che l’intero universo sia un unico organismo vivente, nel quale viviamo e ci muoviamo?

Dal microbo più piccolo al mammifero più grande, l’uomo è convinto di riuscire a riconoscere la vita.
Ma potrebbe esistere anche su scala molto più grande, diciamo a “livello cosmico”, in cui i pianeti fungono da cellule e i buchi neri da DNA dello spazio? I segreti del cosmo potrebbero risiedere nella biologia, invece che nella fisica? Insomma, l’Universo è vivo?

Tutta la vita può essere fatta risalire ai pochi organismi unicellulari che esistevano nell’Archeano. Oggi, dopo circa 4 miliardi di anni, ci troviamo a condividere il pianeta con elefanti, balene e altre 8 milioni di specie eucariotiche.
Chiaramente, tutti gli esseri viventi sul nostro pianeta sono interconnessi, tanto da far pensare di essere tutti parte di un unico organismo vivente. Siamo come le centinaia di diversi tipi di cellule del nostro corpo, che costantemente muoiono e si rinnovano? Facciamo parte di un organismo complesso più grande di noi?

Il primo in Occidente a concepire l’Universo come un grande organismo fu il filosofo greco Anassagora, che, in opposizione al meccanicismo atomistico, pensava all’esistenza di un Nous (mente), che organizzasse il cosmo risollevandolo dal caos originario. Ma l’idea dell’universo come organismo vivente è stata ampiamente formulata anche da Platone, poi dagli stoici, da Plotino e dal neoplatonismo.

Secondo la visione “organicista”, le strutture che compongono l’Universo, cioè galassie, buchi neri, quasar, stelle, nebulose, pianeti e noi compresi, sono da considerare come i tessuti di un gigantesco essere vivente, un po’ come le parti che compongono il nostro organismo.

Se è vero che una delle caratteristiche degli esseri viventi è quella di nascere, crescere, riprodursi e morire, questi aspetti sono più che plausibili anche per l’Universo: il Big Bang è praticamente la venuta al mondo del cosmo (probabilmente da un universo antenato); il fatto che l’Universo si espanda significa semplicemente che cresce; in futuro, quando l’entropia si sarà equilibrata, l’Universo morirà come tutti gli altri esseri viventi.

E per quanto riguarda la riproduzione? Tutti gli esseri viventi hanno una caratteristica in comune: provengono da un altro organismo. Se il nostro Universo fosse vivo, avrebbe anch’esso un genitore? E, a sua volta, potrebbe dare vita a un Universo figlio?

Il fisico teorico Lee Smolin, uno dei fondatori del Perimeter Institute for Theoretical Physics, sostiene la possibilità che il nostro Universo abbia già dato vita a una intera famiglia di universi-figli, nascosti al di là dell’orizzonte oscuro dei buchi neri.

“Le leggi di natura sono perfettamente sintonizzate, in modo che l’Universo possa ospitare la vita”, spiega Smolin. “Immaginiamo cosa succederebbe se cambiassimo anche solo leggermente queste leggi: l’Universo non sarebbe più così ospitale. Resta un mistero il motivo per cui l’Universo è così accogliente nei confronti della biologia”.

I cosmologi si scontrano da tempo con questo enigma chiamato “Perfetta Sintonizzazione”. Se una qualsiasi delle forze della natura fosse più forte o più debole di una percentuale inferiore all’1%, le stelle e le galassie non si formerebbero mai. Persino gli atomi non esisterebbero.

Per molti questo è il segno che il nostro Universo è stato accuratamente plasmato dalla mano di un creatore, che l’ha concepito in modo da fargli ospitare la vita umana.

Smolin, tuttavia, cercava una spiegazione più osservabile, trovandone una non nella fisica, ma nella teoria biologica dell’evoluzione. “La selezione naturale spiega come le strutture intricate della vita si sviluppino progressivamente”, commenta Smolin, chiedendosi se anche il nostro Universo così complesso sia il frutto di una versione cosmica dell’evoluzione biologica.

“L’Universo potrebbe avere una storia? Potrebbe avere degli antenati? Mentre si è evoluto nel corso della storia, potrebbero esserci state variazioni casuali delle leggi, e poi una selezione delle stesse, privilegiando quelle che introducevano le strutture più complesse?”, si chiede Smolin. A suo parere, la “selezione naturale cosmologica” potrebbe essere la risposta: “è la migliore che abbia trovato finora”, ammette lo scienziato.

Perché la Teoria della Selezione Naturale Cosmologica di Smolin possa funzionare, ci deve essere un meccanismo per cui un intero cosmo possa riprodursi e subire una mutazione come nella trasmissione del DNA.

Secondo lo scienziato la risposta si trova nel centro impenetrabile dei buchi neri, dove le leggi della fisica conosciuta smettono di esistere, con il sopravvento di altre leggi relative alla gravità quantistica finora ignote. Il fisico teorico ritiene che quando una stella esplode, lasciando il posto a un buco nero, in quel momento avviene la nascita di un nuovo universo.

“La stella che ha creato il buco nero collassa e, poco prima di diventare infinitamente densa, rimbalza e ricomincia a espandersi”, spiega Smolin. “A quel punto si creano nuove regioni di spazio tempo, sempre all’interno dell’orizzonte del buco nero, le quali potrebbero crescere e diventare grandi come ha fatto il nostro Universo dopo il Big Bang”.

Dunque, il nostro Universo potrebbe essere un germoglio spuntato sul ramo di un gigantesco albero cosmico sempre in crescita. “Nel cosmo funziona come in biologia: esiste una popolazione di universi che generano una progenie attraverso i buchi neri”, continua il fisico.

Questo non è l’aspetto più interessante della teoria dello scienziato. Mentre studiava quali leggi della fisica permettono a un piccolo universo di essere più prolifico, Smolin ha scoperto una misteriosa analogia tra l’albero genealogico cosmico e quello biologico.

“Perché si formi un buco nero, occorre una stella molto grande. Inoltre, occorrono enormi nuvole di gas e polveri fredde, in modo che queste sostanze si trasformino in monossido di carbonio, quindi occorrono sia il carbonio che l’ossigeno, i due atomi essenziali per la formazione della vita”, afferma il ricercatore.

Questi due elementi sono presenti nell’universo in misura massiccia, quindi “la spiegazione per cui il cosmo ospita la vita non è altro che un effetto collaterale della sua stessa fertilità in termini riproduttivi”.

Se Smolin ha ragione, le leggi della fisica che conosciamo sono state accuratamente regolate in modo da mantenere fertile il cosmo per la sua riproduzione. Le stesse leggi rendono il nostro universo un luogo in cui la vita basata sulla chimica del carbonio può prosperare.

Secondo la Teoria della Selezione Naturale Cosmica, l’Universo in cui ci troviamo è un organismo vivente, e che quello della vita non è un fenomeno solo locale, ma anche scalare, cioè capace di manifestarsi non solo in diversi luoghi dell’Universo, ma anche su diverse scale di grandezza, tanto grandi da risultare a noi irriconoscibili.

In fin dei conti, siamo versioni in scala differente della stessa cosa.


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