Il Conte di Cagliostro
“La verità su di me non sarà mai scritta, perché nessuno la conosce”
“Io non sono di nessuna epoca e di nessun luogo, al di fuori del tempo e dello spazio, il mio essere spirituale vive la sua eterna esistenza e se mi immergo nel mio pensiero rifacendo il corso degli anni, se proietto il mio spirito verso un modo di vivere lontano da colui che voi percepite, io divento colui che desidero.
Partecipando coscientemente all’essere assoluto, regolo la mia azione secondo il meglio che mi circonda. Il mio nome è quello della mia funzione e io lo scelgo, così come scelgo la mia funzione, perché sono libero; il mio Paese è quello dove fermo momentaneamente i miei passi. Mettete la data di ieri, se volete o riuscendovi, quella di domani o degli anni passati, per l’orgoglio illusorio di una grandezza che non sarà forse mai la vostra”.
“Io sono colui che è”.
“Non ho un padre; diverse circostanze della mia vita mi hanno fatto giungere a questa grande e commovente verità; ma i misteri di questa origine e i rapporti che mi uniscono a questo padre sconosciuto, sono e restano i miei segreti.
Coloro che saranno chiamati al divenire, all’intravedere come me, mi comprendono e mi approvano.
Quanto all’ora, al luogo dove il mio corpo materiale a quaranta anni si educherà su questa terra, quanto alla famiglia che io scelgo per questo, io voglio ignorarla, non voglio ricordarmi del passato per non aumentare le responsabilità già pesanti di coloro i quali mi hanno conosciuto, perché sta scritto: tu non farai cadere il cielo.
Io non sono nato dalla carne, né dalla volontà dell’uomo, sono nato dallo spirito. Il mio nome, che è mio, quello che scelsi per apparire in mezzo a voi, ecco quello che reclamo. Quelli che mi sono stati dati alla mia nascita o durante la mia giovinezza, quelli per i quali fui conosciuto, sono di altri tempi e luoghi; li ho lasciati, come avrò lasciato domani dei vestiti passati di moda e ormai inutili.
Ma ecco sono nobile e viandante, io parlo e le vostre anime attente ne riconosceranno le antiche parole, una voce che è in voi e che taceva da molto tempo risponde alla chiamata della mia; io agisco e la pace rinviene nei vostri cuori, la salute nei vostri corpi, la speranza e il coraggio nelle vostre anime.
Tutti gli uomini sono miei fratelli, tutti i paesi mi sono cari, io li percorro ovunque, affinché lo spirito possa discendere da una strada e venire verso di noi. Io non domando ai Re, di cui rispetto la potenza, che l’ospitalità sulle loro terre e, quando questa mi è accordata, passo facendo attorno a me il più bene possibile: ma non faccio che passare. Sono un nobile viandante?
Come il vento del Sud, come la splendente luce del mezzogiorno che caratterizza la piena conoscenza delle cose e la comunione attiva con Dio, così io vado verso il Nord, verso la nebbia e il freddo, abbandonando ovunque al mio passaggio qualche parte di me stesso, splendendomi, diminuendomi in ogni fermata, ma lasciandovi un po’ di luce, un po’ di calore, fino a quando io non sia infine arrivato e stabilito al termine della mia carriera: allora la rosa fiorirà sulla croce.
Io sono Cagliostro.
Perché è necessario che voi chiediate di più?
Se voi eravate figli di Dio, se la vostra anima non era così vana e così curiosa voi avevate già compreso. Vi necessitano dei dettagli, dei segni e delle parole, dunque ascoltate. Risalite molto nel passato, poiché lo volete.
Tutta la luce viene dall’Oriente, tutto l’inizio dall’Egitto; sono stato tre anni con voi, quindi sette anni, poi l’età matura e a partire da questa età non ho più contato. Tre settenari fanno ventuno anni e realizzano la pienezza dello sviluppo umano.
Nella mia prima infanzia, sotto la legge del rigore e della giustizia soffersi in esilio, come Israel tra le nazioni straniere. Ma come Israel aveva in sé la presenza di Dio, che come un Metatron lo guidava nei suoi passi, allo stesso modo un angelo potente vegliava su di me e dirigeva i miei atti, schiariva la mia anima, sviluppando le forze latenti in me. Lui era il mio maestro e la mia guida.
La mia ragione si formava e si precisava; io mi interrogavo, mi studiavo e prendevo coscienza di tutto quanto mi circondava, feci dei viaggi, molti viaggi, tanto attorno la camera delle mie riflessioni che nei templi e nelle quattro parti del mondo; ma quando volevo penetrare l’origine del mio essere e salire verso Dio, nello slancio della mia anima, allora la mia ragione impotente si taceva e mi lasciava in balia delle mie congetture.
Un amore che attirava verso di sé tutte le creature in maniera impulsiva, un’ambizione irresistibile, un sentimento profondo dei miei diritti a tutte le cose della terra e del cielo mi possedevano e mi gettavano verso la vita e l’esperienza progressiva delle mie forze, del loro gioco e del loro limite: era la lotta che dovevo sostenere contro le potenze del mondo, fui abbandonato e tentato nel deserto, lottai con l’angelo come Jacob, con gli uomini e con i demoni, questi vinti, mi insegnarono i segreti che concernono il dominio delle tenebre, per cui non mi smarrii in una delle vie dalle quali non c’è ritorno.
Un giorno – dopo quanti anni e viaggi – il Cielo esaudì i miei sforzi: si ricordò del suo servitore che, rivestito degli abiti nuziali, ebbe la grazia di essere ammesso come Mosè davanti all’eterno. Da allora ricevetti come un nome nuovo, una missione unica.
Libero e maestro della vita non pensai che a impiegarla per l’opera di Dio.
Sapevo che egli confermava i miei atti e le mie parole, come io confermavo il suo nome e il suo dominio sulla terra. Ci sono degli esseri che non hanno più angelo custode: io fui uno di quelli.
Ecco la mia infanzia e la mia giovinezza, tali che il vostro spirito inquieto e generoso le reclama; ma che esse siano durate più o meno anni, che non si siano fermate nei Paesi dei vostri padri o in altre contrade, che importa a voi?
Non sono io un uomo libero?
Giudicate le mie abitudini, come a dire le mie azioni, dite se esse sono buone, dite se ne avete viste di più potenti e se allora vi occupate ancora della mia nazionalità, del mio rango e della mia religione.
Se, proseguendo il cammino felice dei suoi viaggi qualcuno di voi si avvicinasse un giorno a quella terra d’Oriente che mi ha visto nascere e si ricordasse di me, pronunci il mio nome e allora vedrà i servitori di mio padre che gli apriranno le porte della città santa. Poi quando ritornerà dirà ai suoi fratelli se io ho abusato fra voi di un falso prestigio, se ho preso nelle vostre dimore qualche cosa che non mi apparteneva”.
(Dalla “Memoria per il conte di Cagliostro, accusato contro il Procuratore generale” – Parigi 1786).
Tratto da: www.memphismisraim.it
Cagliostro capì l’Origine Egizia della massoneria tanto da edificare una propria consorteria che tentò di imporre alla altre Logge: il Rito Egizio che poi diverrà l’Antico Rito Primitivo di Memphis e Misraim, che egli codificò in un libricino intitolato Rituale della Massoneria Egiziana.
La sua era una Magia Sexualis che trovava nel mito di Osiride e Iside la giustificazione metafisica. E così svelava il vero volto della massoneria, che dietro il maschilismo della Carta di fondazione di Anderson del 1717, che vietava alle donne d’accedere in Loggia, in realtà non solo Cagliostro ne mostrava la venerazione massonica al gran femmineo, ma soprattutto che il vertice massonico era matriarcale, e questo segreto era gelosamente custodito. Se oggi possiamo considerare le idee del Gran Copto e della sua compagnia Serafina antesignane della libertà femminile, dobbiamo intendere, inserendoci nel nostro discorso sull’uso della prostituzione all’interno delle Élite, il rito d’adozione di Cagliostro come matrice di tutti gli altri della moderna massoneria femminile o mista.
Articolo completo: icompagnidibaal.myblog.it
Sfidò apertamente la Chiesa fondando a Londra una loggia di Rito egiziano e assumendo il titolo di «Gran Cofto».
Il Sant’Uffizio non tardò a colpirlo: tratto in arresto il 27 dicembre 1789, fu rinchiuso nelle carceri di Castel Sant’Angelo. Il duro processo cui fu sottoposto si concluse il 7 aprile 1790 con l’emissione di una condanna a morte per eresia e attività sediziose e con la distruzione, nella pubblica piazza, dei manoscritti e degli strumenti massonici.
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Il 26 agosto 1795 il famoso avventuriero, oramai gravemente ammalato, si spense a causa di un colpo apoplettico.
La leggenda che aveva accompagnato la sua fascinosa vita si impossessò anche della morte: dai poco attendibili racconti sulla sua presunta scomparsa giunti fino ai giorni nostri, è possibile intravedere il tentativo, peraltro riuscito, di rendere immortale, se non il corpo, almeno le maliarde gesta di questo attraente personaggio. L’atto di morte, conservato nell’archivio parrocchiale di San Leo, redatto in latino dall’arciprete Luigi Marini, rende giustizia alla veridicità delle vicende:
Giuseppe Balsamo, soprannominato Conte di Cagliostro, di Palermo, battezzato ma incredulo, eretico, celebre per cattiva fama, dopo aver diffuso per diverse Nazioni d’Europa l’empia dottrina della massoneria egiziana, dalla quale guadagnò con sottili inganni un numero infinito di seguaci, incappò in varie peripezie, alle quali non si sottrasse senza danno, in virtù della sua astuzia e abilità.
Finalmente per sentenza della Santa Inquisizione relegato in carcere perpetuo nella rocca di questa città, con la speranza che si ravvedesse, avendo sopportato con altrettanta fermezza e ostinazione i disagi del carcere per quattro anni, quattro mesi, cinque giorni, colto da un improvviso colpo apoplettico, di mente perfida e cuore malvagio qual era, non avendo dato il minimo segno di pentimento, muore senza compianto, fuori della Comunione di Santa M. Chiesa, all’età di cinquantadue anni, due mesi e diciotto giorni.
Nasce infelice, più infelice vive, infelicissimo muore il giorno 26 agosto dell’anno suddetto verso le ore 22,45. Nella circostanza fu indetta pubblica preghiera, se mai il misericordioso Iddio volgesse lo sguardo all’opera delle sue mani. Come eretico, scomunicato, peccatore impenitente gli viene negata la sepoltura secondo il rito ecclesiastico. Il cadavere è tumulato proprio sulla estrema punta del monte che guarda ad occidente, quasi ad uguale distanza tra i due fortilizi destinati alle sentinelle, comunemente denominati il Palazzetto e il Casino, sul terreno della Reverenda Camera Apostolica il giorno 28 alle ore 18,15.
Controversie sulla sua reale identità (https://it.m.wikipedia.org/wiki/Cagliostro)
Alcune ricerche testimoniano invece la chiara distinzione tra le persone del palermitano Giuseppe Balsamo e del conte Alessandro di Cagliostro, di origine portoghese, e vedono quest’ultimo ricoprire il ruolo di un grande maestro della storia, colui che introdusse il motto Libertà, Uguaglianza, Fratellanza, divenuto poi il simbolo della rivoluzione francese.
La confusione tra i due personaggi fu voluta dai nemici di Cagliostro, in primis l’Inquisizione, che pagarono Balsamo e sua moglie per recitare il ruolo di Cagliostro come un impostore truffaldino e screditarlo così agli occhi del popolo. Ma Cagliostro disse e ripeté sempre: «Io non sono Balsamo». Nessuno ha infatti mai dimostrato che Balsamo e Cagliostro fossero la stessa persona.
Cagliostro si pone sulla scia di altre grandi figure che hanno tentato di rivoluzionare la visione delle cose cercando di restituire dignità all’essere umano, come ad esempio Giordano Bruno. Per tale ragione l’Inquisizione fece il possibile per arginare la grande risonanza che il messaggio di Cagliostro stava riscuotendo in Europa, ma invece che scegliere direttamente la via dell’assassinio, che lo avrebbe reso martire alla storia, utilizzò inizialmente la strategia del discredito tramite la figura di Giuseppe Balsamo. Tale discredito sussiste infatti ancora oggi.
Fonte: https://crepanelmuro.blogspot.it/2017/05/io-non-sono-di-nessuna-epoca-e-di.html
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