La leggenda di Atlantide ha da sempre colpito l’immaginario di artisti, letterari ed avventurieri, ma a partire dal diciannovesimo secolo, è aumentato l’interesse di studiosi delle più disparate discipline, che hanno cercato di considerare la presunta esistenza del continente perduto con un approccio scientifico ed orientato ad una ricerca seria.

La prima notizia che sorgesse un continente sconosciuto nell’Oceano Atlantico si deve a Platone. Il celeberrimo filosofo ateniese, nel dialogo “Crizia” narra che circa novemila anni prima di Solone, si estendeva, oltre le Colonne d’Ercole, l’isola di Atlantide, più grande dell’Asia e della Libia insieme (ovviamente i concetti di Asia e di Libia, appellativo che indicava l’intera Africa centrosettentrionale, erano meno estesi delle loro effettive dimensioni geografiche). Solone avrebbe appreso questa notizia in Egitto da un sacerdote di Sais.

Secondo la descrizione platonica, l’isola di Atlantide, ritenuta un vero e proprio continente, aveva raggiunto una civiltà straordinariamente evoluta e fiorente, favorita da un territorio fertile e rigoglioso. I suoi dieci clan sarebbero derivati dai dieci figli di Poseidone, il Nettuno latino, dio del mare, di cui Atlantide per lungo tempo avrebbe goduto la protezione. La discendenza degli abitanti di Atlantide si sarebbe estesa fino all’Egitto e alla Tirrenia (Tirreni era il nome greco degli Etruschi, una civiltà dall’origine oscura e misteriosa).

Nel racconto di Platone, gli abitanti del continente sommerso vivevano nella giustizia e nella pace, costruendo templi, regge, porti ed arsenali. Ma ad un certo punto l’elemento divino che li animava fu sopraffatto dall’elemento umano: i re ed i popoli di Atlantide diventarono malvagi ed avidi, meritando il castigo di Zeus.

E’ molto chiaro l’intento metaforico di Platone, che si serve del racconto della decadenza di Atlantide, per introdurre la contrapposizione duale tra spirito e materia, molto cara alla sua ideologia filosofica. E infatti, per enfatizzare ancora di più le virtù etiche e politiche dei suoi concittadini, inserisce in un altro dialogo, il Timeo, una mitica spedizione che gli Ateniesi, custodi della libertà e della civiltà, avrebbero condotto nel Mediterraneo per scacciare gli avidi abitanti di Atlantide. Alla fine, disgustato dalla loro avidità e mollezza dei costumi, Zeus nel giro di un giorno e di una notte, avrebbe sprofondato il fiorente impero atlantideo nell’oceano, inviando terremoti ed inondazioni dalle proporzioni apocalittiche.

Bisogna osservare che il mito di un’età dell’oro, in cui l’uomo viveva in comunione con il creato ed anche con il creatore (per le tre religioni monoteiste ebraico-cristiana-musulmana), è sempre esistito nelle culture dei popoli antichi, ma il mito di Atlantide attribuisce una collocazione precisa a quel luogo dorato.

L’interpretazione delle Sacre Scritture che parte dalla genesi ebraica fino a svilupparsi nel medioevo cristiano, riteneva “l’ecumene”, cioè “l’isola della terra”, lo spazio costituito da Europa, Asia ed Africa, che rappresentavano l’unico luogo che Dio aveva indicato all’uomo per condurre la propria esistenza. L’isola della terra era ritenuta circondata dalle acque e poteva essere sempre di nuovo sommersa, qualora avesse osato sfidare l’ira di Dio.

Lo stesso Dante colloca Ulisse nell’Inferno, ritenendolo colpevole, tra i vari misfatti, di aver inutilmente sfidato il fato, spingendosi oltre le Colonne d’Ercole. Grazie alla scoperta del continente americano del 1492, inizialmente creduto la parte più estrema dell’oriente asiatico, l’oceano non avrebbe più definito i confini del mondo, ma ne sarebbe diventato una parte stessa. Come ho già accennato all’inizio, la leggenda di Atlantide ha ispirato tantissime storie e perfino la scienza si è sforzata di trovare prove concrete della sua esistenza. Di seguito proviamo a fare una breve rassegna delle teorie su Atlantide, in particolare sulla sua esistenza e di conseguenza sulla sua collocazione.

Due biologi, in tempi recenti, hanno ritrovato delle pietre bianche sui fondali del Mar dei Caraibi, nell’isola di Bimini, che erano sembrate resti di una strada, denominata con eccessivo entusiasmo “Bimini road”. La strada è lunga circa 800 metri ed è formata da pietre calcaree rettangolari, ancora però non è stato accertato se si tratti effettivamente di opera dell’uomo oppure di rocce erose dal tempo fino ad assumere una conformazione simile ad una strada. In ogni caso, seppure se ne accertasse la derivazione umana, si tratterebbe di un indizio abbastanza debole per sostenere con assoluta certezza l’esistenza di un impero sommerso.

Attualmente, tuttavia, la teoria più accreditata è quella avanzata nel 1907 dallo studioso inglese K.T. Frost, che identificò Atlantide con la Creta minoica. Secondo lo studioso, l’isola di Creta sarebbe stata distrutta da un’apocalittica eruzione del vulcano di Thera (Santorini). In effetti, gli scavi condotti da Arthur Evans, a Cnosso, hanno dimostrato che la civiltà minoica di Creta collassò improvvisamente intorno al 1500 a.C. per motivi inspiegabili. Tale teoria si coniugherebbe bene con il mito platonico, in considerazione della vicinanza geografica sia alla Grecia continentale che all’Egitto.

Platone avrebbe retrodatato l’esistenza di Atlantide, nonché la sua collocazione geografica, per conferire maggiore autorevolezza e dignità ai valori della civiltà greca. Ma non mancano gli studiosi che credono che Atlantide sia proprio sorta oltre le colonne d’Ercole. Vi è, a tale proposito, un’importante considerazione scientifica da fare: la geologia e la paleontologia, studiando la somiglianza tra le razze animali e la flora dell’antico e del nuovo mondo, ipotizzano che nelle ere geologiche definite “Cambriano” e “Cretacico”, nell’Oceano Atlantico sorgesse un continente intermedio, che occupava la zona corrispondente all’attuale Groenlandia, Islanda, Azzorre, Canarie e Madeira.

Queste ultime, infatti, sono considerate da alcuni ricercatori, come le cime delle montagne della sommersa Atlantide. Dal punto di vista letterario, ha esercitato grande fascino la teoria di Atlantide proposta da Donelly, che pubblicò un libro di grande successo nel 1882, ripubblicato più volte, e capace di influenzare le successive speculazioni sul continente sommerso.

Secondo Donnelly, Atlantide fu la prima civiltà mondiale, nonchè la potenza coloniale e civilizzatrice del litorale atlantico, del Mediterraneo, dell’America del sud e centrale, del Baltico, dell’India e di alcune regioni dell’Asia centrale. Atlantide avrebbe inventato l’alfabeto e la letteratura: tutti i miti e le leggende dell’antichità, come il diluvio, il giardino dell’Eden, la creazione, diffuse in numerose civiltà, non sarebbero che visioni confuse di fatti storicamente avvenuti nel sommerso continente di Atlantide.

Non a caso, sono state riscontrate inspiegabili coincidenze culturali, religiose ed artistiche tra civiltà geograficamente molto distanti. Si pensi all’utilizzo delle piramidi in Egitto, come in America presso gli Aztechi o i Maya, o in Estremo Oriente, nell’attuale Cambogia, dalla misteriosa civiltà di Angkor Wat.

Ed inoltre si possono annoverare innumerevoli elementi di culto in comune, come l’adorazione del sole, la conoscenza precisa del calendario, l’immagine del serpente come simbolo di conoscenza, la comunanza del pantheon divino (le divinità scandinave, ad esempio, corrispondono quasi fedelmente alle divinità olimpiche greche). Ed i fatti storici avvenuti ad Atlantide, sbiaditi nella memoria dei discendenti dei superstiti, sarebbero alla base della mitologia greca, cosicchè i racconti che hanno come protagonisti gli dèi e le dee della religione olimpica greca, rappresenterebbero ricordi molto confusi delle imprese di Atlantide.

E non mancano ulteriori teorie e ricerche, suffragate da tracce presenti nella letteratura classica, come ad esempio i riferimenti alla mitica Tartesso, considerata la Venezia dell’ovest. Dopo la distruzione di Atlantide, la prima colonia costruita dagli abitanti sfuggiti al cataclisma, sarebbe stata Tartesso, sulla costa atlantica della Spagna. Ma gli archeologi tedeschi, Hirmann e Hendung, che nel 1905 cominciarono la ricerca di Tartesso, non riuscirono comunque a portarla alla luce. Alcuni autori, tra cui il francese Godron, sostengono che alcune colonie di Atlantide si troverebbero nel Sahara coperte dalla sabbia.

Godron sostiene anche che i berberi dei monti dell’Atlante, molti dei quali con la pelle bianca, biondi e con occhi azzurri, non sarebbero altro che i discendenti degli abitanti di Atlantide sfuggiti alla distruzione del loro continente. Brochard nel 1926 cercò di dare dignità scientifica a questa teoria, provando a collegare i nomi delle tribù berbere moderne a quelle dei dieci figli di Poseidone, cioè dei clan atlantidei.

La fantasia sfrenata ha portato alcuni a identificare Atlantide anche con l’Antartide, ma non sembra verosimile che solo circa dodicimila anni fa si trovasse in una posizione geografica così lontana da quell’attuale, nonostante gli inevitabili spostamenti delle terre emerse. E vorrei aggiungere le affascinanti, ma non provate, presunte connessioni tra Atlantide ed il Triangolo delle Bermude, dove sono avvenute le misteriose sparizioni di navi e di aerei, ma cercherò di trattare questo argomento in un prossimo articolo.

Concluderei, affermando che l’esistenza di Atlantide può essere considerata un fatto possibile, ma non una certezza, cioè al momento non è un fatto scientificamente documentabile. A sostegno dell’esistenza di Atlantide vi sono due argomentazioni principali:

1) vi è la prova inconfutabile che nel corso della storia vi siano state aree geografiche molto vaste poi inabissate, mentre altre aree altrettanto vaste sono emerse solo di recente dalle acque ( ad esempio anche la stessa Italia, è stata per lungo tempo sotto il livello del mare):

2) l’esistenza di usanze e di abitudini comuni in Europa/Africa da un lato, e nel continente americano dall’altro, come già in precedenza illustrato. Anche per negare l’esistenza di Atlantide, si possono indicare due argomenti essenziali:

1) ad oggi non sono state ritrovate rovine sommerse così imponenti, da far pensare ad un continente così esteso, e per giunta così scientificamente e tecnologicamente avanzato;

2) la mancanza di fonti storiche antiche che parlano di questo continente, ad eccezione dei due dialoghi di Platone, che hanno un valore più didascalico che storiografico.

E’ opportuno segnalare, tuttavia, che chi crede fermamente nell’esistenza di Atlantide, attribuisce la mancanza di fonti antiche al tragico evento della distruzione della Biblioteca di Alessandria d’Egitto, la più grande ed imponente del mondo antico, ad opera degli Arabi. Sicuramente la distruzione della Biblioteca di Alessandria ha reso più labili e lacunose le conoscenze del nostro lontano passato, ma ritenere che vi fossero opere a proposito di Atlantide rientra comunque nel campo delle ipotesi.

Come è accaduto per altri misteri irrisolti, un’intuizione improvvisa o una scoperta con nuove tecnologie può consentire di ottenere insperati risultati, altrimenti Atlantide rimarrà una bella favola, la metafora di qualcosa che abbiamo perduto nel nostro inconscio collettivo e che cerchiamo sempre di raggiungere…

Luigi Angelino


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