Primo discorso – domenica 12 luglio (La Rete del Pensiero)
Vedo che ci sono dei miei vecchi amici. Sono lieto di vedervi.
Siccome ci saranno sette discorsi per approfondire con estrema attenzione quello che devo dirvi, spaziando su tutti gli aspetti della vita, prego quelli di voi che mi hanno già ascoltato altre volte, di essere indulgenti per le ripetizioni che ci potranno essere. Ripetere ha un certo valore.
I pregiudizi hanno qualcosa in comune con gli ideali, le fedi, i credi. Noi dobbiamo essere capaci di pensare insieme; ma proprio i nostri pregiudizi e i nostri ideali ci privano della capacità e dell’energia necessarie per pensare, per osservare, per indagare insieme e scoprire così per conto nostro che cosa c’è dietro tutta la confusione, l’infelicità, il terrore, la rovina e la tremenda violenza che esistono al mondo.
Per capire i fatti non solo in superficie, ma nel loro significato profondo, dobbiamo essere capaci di osservare insieme. Non serve che voi guardiate in una direzione e chi vi parla guardi in un’altra: dobbiamo osservare insieme la stessa cosa.
Ma questo modo di osservare, di indagare, sarà impossibile se rimaniamo legati ai nostri pregiudizi, alle nostre esperienze particolari e al nostro modo personale di capire. Pensare insieme è enormemente importante perché dobbiamo affrontare un mondo che sta andando rapidamente in rovina, che sta degenerando, che sta perdendo ogni senso morale, un mondo dove non c’è nulla di sacro, dove non c’è rispetto reciproco.
Per capire tutto questo, non superficialmente, distrattamente, dobbiamo penetrare a fondo la questione e scoprire cosa c’è dietro. Dobbiamo chiederci perché dopo milioni e milioni di anni di evoluzione l’uomo, cioè voi e il mondo intero, è diventato così violento, insensibile, distruttivo, pronto a fare la guerra, a costruire bombe atomiche, a sostenere un progresso tecnologico sempre più avanzato. E forse proprio questo progresso tecnologico può essere uno dei fattori che hanno ridotto l’uomo in questo stato.
Così, per favore, pensiamo insieme, cioè non a modo mio o a modo vostro, ma semplicemente usando la capacità di pensare.
Il pensiero è il fattore comune all’umanità intera. Il pensiero non è né orientale né occidentale; c’è soltanto la capacità di pensare che è comune a tutti. La persona più povera, la persona più raffinata che vive nella ricchezza, il chirurgo, il falegname, il contadino o il grande poeta, tutti quanti hanno in comune il pensiero. Sembra che non ci rendiamo conto che li pensiero è il fattore che ci lega tutti quanti insieme.
Voi pensate secondo la vostra capacità, l’energia, l’esperienza e la conoscenza che avete. Altri penseranno diversamente in base alla loro esperienza e ai loro particolari condizionamenti. Tuttavia tutti quanti siamo presi nella rete del pensiero. Questo è un fatto che non può essere messo in discussione. È così.
Siamo stati programmati a livello biologico, fisico, e anche a livello mentale, intellettuale. Dobbiamo renderci conto di essere stati programmati come dei computer. Gli specialisti programmano i computer in base ai risultati che vogliono ottenere. E queste macchine supereranno l’uomo nella capacità di pensare.
I computer possono accumulare esperienza, imparare dall’esperienza raccolta, e quindi essere programmati in base alla conoscenza che hanno immagazzinato. A poco a poco supereranno in accuratezza e velocità la nostra capacità di pensare. Naturalmente non potranno comporre come Beethoven o scrivere come Keats; tuttavia sorpasseranno la nostra capacità di pensiero. E allora che ne sarà dell’uomo?
Ci hanno programmati ad essere cattolici o protestanti, italiani o inglesi e così via. Per secoli e secoli ci hanno programmati a credere, ad avere fede, a seguire certi riti, certi dogmi; ci hanno programmati ad essere nazionalisti e a fare la guerra. Il nostro cervello è stato trattato come un computer anche se non è altrettanto veloce. Il nostro modo di pensare è limitato, e anche il computer è limitato ma funziona a una velocità molto più elevata della nostra; così ci sorpassa. Questi sono fatti. È quello che effettivamente accade.
Ma allora che cosa succederà all’essere umano? A che cosa si ridurrà? Se delle macchine, come computer e robot, potranno fare praticamente tutto quello che fanno gli esseri umani, dove andrà a finire la società umana? Quando robot e computer costruiranno automobili, probabilmente facendolo molto meglio degli uomini, dove andrà a finire tutta la struttura sociale che l’uomo ha costruito?
Sono questi e molti altri i problemi che ci stanno di fronte. Non potete più permettervi di pensare come cristiani, buddisti, induisti o musulmani. Stiamo affrontando una crisi tremenda. Una crisi come questa i politici non potranno mai risolverla, perché anche loro sono stati programmati a pensare in un determinato modo. Nemmeno gli scienziati potranno capire e risolvere questa crisi; e neanche lo potranno gli uomini d’affari, il mondo del denaro.
La sfida, la svolta decisiva, la decisione da prendere, non è in politica, in religione o nel mondo scientifico: è nella nostra coscienza. Deve essere capita la coscienza dell’umanità, quella coscienza che ci ha portato fino a questo punto. Questa faccenda deve essere affrontata con estrema serietà, perché siamo veramente di fronte a un momento tremendamente pericoloso per il mondo, con tutte queste bombe atomiche che continuano ad aumentare e che qualche pazzo potrebbe anche mettersi in testa di usare. Tutti noi dobbiamo essere consapevoli di questa situazione.
Bisogna essere estremamente seri, non superficiali e distratti, ma veramente interessati, per comprendere il comportamento degli esseri umani, per capire come ha potuto il pensiero umano portarci fino a questo punto. Dobbiamo essere capaci di indagare con molta attenzione e cautela, e di osservare a fondo per capire che cosa sta avvenendo fuori di noi e dentro di noi. L’attività interiore, a livello psicologico, prende sempre il sopravvento sull’attività esteriore.
Per quanti sforzi facciate per imporre dall’esterno regolamenti, sanzioni, decisioni, questi saranno sempre buttati all’aria dai vostri desideri, dai vostri timori, dalle vostre preoccupazioni, dal vostro bisogno di sicurezza. Se non capiamo che le cose stanno così, anche se creeremo esteriormente una parvenza di ordine, il disordine che ci portiamo dentro avrà sempre il sopravvento sui conformismi esteriori, sulle regole e sulla disciplina imposte dall’esterno.
Potranno esserci istituzioni politiche, economiche, religiose, accuratamente realizzate, ma in qualunque modo queste funzionino, se la nostra coscienza interiore non è completamente in ordine, il disordine che ci portiamo dentro avrà sempre la meglio su quanto esiste esternamente. Questo lo abbiamo visto accadere storicamente, e anche ora sta accadendo la stessa cosa davanti ai nostri occhi. È un fatto.
La svolta decisiva è nella nostra coscienza. La nostra coscienza è una faccenda molto complicata. In Oriente e in Occidente si sono scritti libri su libri che la riguardano. Non siamo consapevoli della nostra coscienza; per esaminare tutte le sue complicazioni, per renderci conto al di là di ogni scelta dei suoi movimenti, dobbiamo essere liberi di guardare. Chi vi parla non intende affatto darvi un orientamento particolare da cui guardare o ascoltare come si muove la nostra coscienza. La coscienza è comune a tutta l’umanità.
Ovunque nel mondo la gente soffre, interiormente ed esteriormente. C’è angoscia, incertezza, una disperata solitudine; c’è insicurezza, gelosia, avidità, invidia, dolore. La coscienza umana è una sola, non c’è una coscienza che sia vostra o mia. C’è soltanto la coscienza dell’umanità. Si tratta di un fatto logico, sensato, razionale: sotto qualunque cielo vi troviate, che siate dei miserabili o delle persone agiate, che crediate in Dio o in qualcos’altro, scoprite che il bisogno di credere, di avere una fede, è comune all’umanità intera.
Le immagini potranno essere diverse, i simboli potranno differire completamente gli uni dagli altri, tuttavia derivano sempre da qualcosa di comune a tutto il genere umano. Questa non è un’affermazione superficiale. Se vi sembra che si tratti solo di parole, di un’idea, di un concetto, allora vi lascerete sfuggire il profondo significato che un’affermazione del genere contiene.
Questo significato è che la vostra coscienza è la coscienza dell’umanità intera, perché voi soffrite, siete angosciati, soli, incerti, confusi, proprio come lo sono coloro che vivono lontano diecimila miglia da qui. Rendersi conto di questo fatto, sentirlo nelle proprie viscere, è del tutto diverso dall’accettarlo semplicemente a parole. Quando vi rendete conto che siete umanità, vi viene una straordinaria energia: avete varcato il solco ristretto dell’individualismo, avete superato il cerchio soffocante in cui esistiamo come io e voi, noi e loro.
Esaminiamo insieme questa coscienza umana così complessa: non la coscienza dell’europeo, o dell’uomo che vive in Asia, in Medio Oriente, ma quel movimento straordinario che è andato avanti per milioni di anni, il movimento della coscienza umana nel tempo.
Per favore, non limitatevi ad accettare quello che dice chi vi parla. Sarebbe una cosa senza senso. Se non cominciate a mettere in dubbio, a sollevare questioni, ad avvertire quello scetticismo che vi spinge ad indagare, se vi tenete strette le vostre fedi particolari, le esperienze che avete fatto, la conoscenza che avete raccolto, allora ridurrete tutto a ben poca cosa senza alcun significato. In questo caso non affronterete la tremenda emergenza che sta di fronte all’essere umano.
Dobbiamo renderci conto di che cos’è effettivamente la nostra coscienza. Il pensiero e tutte le cose che il pensiero ha creato sono parte della nostra coscienza. La cultura in cui viviamo, i valori estetici, le pressioni economiche, le eredità nazionali, le specializzazioni professionali del chirurgo o del falegname, costituiscono una coscienza di gruppo che fa parte della vostra coscienza. Se vivete in un paese che ha le sue proprie tradizioni e la sua cultura religiosa, questa coscienza di gruppo nelle sue forme particolari diventa parte della vostra coscienza. Questi sono fatti.
Se fate il falegname dovete aver acquisito una certa abilità; siete capaci di trattare il legno, di capirne la natura, sapete usare degli strumenti. Così a poco a poco entrate a far parte di un gruppo che ha coltivato questa attività particolare e che ha acquisito la sua propria coscienza. Anche lo scienziato o l’archeologo fanno parte di un gruppo che ha una sua propria coscienza, proprio come accade agli animali.
Se siete una donna di casa, avete la vostra coscienza particolare che è simile a quella di tutte le altre donne di casa. Nel mondo si sono diffusi modi di vivere molto permissivi. Questo fatto di costume è cominciato in Occidente e quindi si è sparso dovunque. È un movimento che avviene nella coscienza di gruppo. Vedete che cosa significa tutto questo; cercate di capirne le implicazioni.
La nostra coscienza ha anche un aspetto molto più profondo, che contiene le nostre paure. Per generazioni e generazioni l’uomo ha vissuto nella paura, nel piacere, nell’invidia, nella pena della solitudine, nello scoraggiamento, nella confusione. L’uomo ha vissuto in un profondo dolore; ha vissuto con quello che lui chiama amore, e non è stato mai abbandonato dalla paura della morte. È questa la sua coscienza, che è la stessa per l’umanità intera.
Rendetevi conto di che cosa significa questo: significa che non siete degli individui. Ma è duro accettare che le cose stiano così, perché siamo stati programmati come dei computer a pensare a noi stessi considerandoci degli individui. Le religioni ci hanno programmato a pensare che abbiamo un’anima separata da tutte le altre. E dopo secoli e secoli il nostro cervello continua a funzionare seguendo lo stesso schema con con cui è stato programmato.
Così, se si capisce la natura della nostra coscienza, lo sforzo particolare che l’ego sostiene nella sua sofferenza diventa qualcosa di globale e allora avrà inizio un’attività del tutto diversa. È questa la crisi in cui siamo coinvolti: siamo stati programmati e possiamo imparare solo in base a questi programmi. In qualche rara occasione possiamo avere un momento di chiarezza, ma poi il nostro cervello torna a ripetere senza sosta lo schema con con cui è stato programmato.
Vedete semplicemente come stanno le cose: uno è cristiano, buddista, indù, anticomunista, comunista, democratico, e tutto si ripete, si ripete, si ripete… E solo raramente c’è una sosta in questo ininterrotto ripetersi.
Allora, un essere umano, che non è affatto separato dal resto dell’umanità, come affronterà questa crisi, questa svolta cruciale? Come l’affronterete voi, che siete esseri umani da millenni abituati a considerarvi degli individui? E questa è un’illusione! Come affronterete questa svolta? Vedrete realmente come stanno le cose, per muovervi da questa stessa percezione in una direzione completamente diversa?
Dobbiamo capire insieme che cosa significa guardare, guardare come effettivamente funziona il pensiero. Tutti voi pensate; è questo il motivo per cui siete qui. Tutti voi pensate, e il pensiero si esprime in parole, oppure si esprime in un gesto, in uno sguardo, in un movimento del corpo. Le parole, che sono usate da tutto il genere umano, ci servono per comunicare qualcosa, e tutto il genere umano ha in comune il pensiero.
È una cosa davvero straordinaria se avete fatto questa scoperta, perché allora c’è soltanto pensiero, e non il “vostro” pensiero. Dobbiamo imparare a vedere le cose come sono realmente, e non come siamo stati programmati a vederle. Capite la differenza? Possiamo guardare, liberi da qualsiasi programma che ci sia stato imposto?
Se continuiamo a guardare le cose considerandoci cristiani, cattolici, protestanti, democratici, comunisti o socialisti, se guardiamo cioè con tutti questi pregiudizi, allora non saremo in grado di capire quale enorme pericolo, quale crisi tremenda ci sta di fronte. Se appartenete a un gruppo qualsiasi, se siete seguaci di un guru, se vi dedicate a qualche attività particolare, allora, siccome siete stati programmati, sarete incapaci di vedere le cose come effettivamente sono.
Solo quando non appartenete ad alcuna organizzazione, ad alcun gruppo, ad alcuna religione, ad alcuna nazione particolare, potete veramente osservare. Se avete imparato molte cose, accumulando conoscenza dai libri o dall’esperienza, la vostra mente ormai è occupata, il vostro cervello è colmo di conclusioni, di tendenze e così via. E tutto questo vi impedirà di guardare. Possiamo essere liberi da tutto ciò e cominciare a guardare quello che realmente accade nel mondo?
Il terrore, le tremende divisioni settarie in campo religioso, un guru che si oppone a un altro guru idiota, la vanità che tutto questo implica, il potere, la posizione, le ricchezze di questi guru, tutto questo è qualche cosa di spaventoso. Ora, potete guardare voi stessi, non come esseri umani separati dagli altri, ma come esseri umani che sono effettivamente la stessa cosa con tutto il resto dell’umanità? Nutrire un sentimento del genere significa amare gli esseri umani di un amore tremendo.
Quando siete capaci di guardare con chiarezza, senza la minima distorsione, allora potete cominciare a indagare la natura della coscienza, fino ai suoi livelli più profondi. Dovete esaminare tutto il movimento del pensiero, perché è il pensiero il responsabile di quel che la coscienza contiene a qualsiasi livello di profondità. Se non pensate non ci sarebbe paura, non ci sarebbe il senso del piacere, non ci sarebbe il tempo; perché il pensiero è il responsabile di tutto questo. Il pensiero non è soltanto responsabile della costruzione di meravigliose cattedrali, ma è anche responsabile di tutte le sciocchezze che accadono dentro le cattedrali.
Grandi dipinti, poemi, musica, sono attività del pensiero. Percepire un suono, ascoltarne la straordinaria bellezza e scriverlo sulla carta: è questo che fa il pensiero. il pensiero è responsabile di tutti gli dei, dei salvatori, di tutti i guru e dell’obbedienza e della devozione che vengono loro tributate. Tutto è conseguenza del pensiero, che cerca soddisfazione e fugge dalla solitudine. Tutta l’umanità ha in comune il pensiero.
Il più povero abitante di un villaggio in India pensa, così come pensa il dirigente d’azienda o il capo religioso. Si tratta di un fatto quotidiano. È su questo terreno che si trova qualsiasi essere umano. Non potete sottrarvi a questa situazione.
Il pensiero ha fatto cose meravigliose, che sono d’aiuto per l’uomo; ma ha anche prodotto incredibili distruzioni, e ha portato il terrore nel mondo. Così dobbiamo capire la sua natura, i suoi movimenti: perché pensate in un certo modo; perché rimanete legati a certe forme di pensiero; perché vi tenete strette certe esperienze; perché il pensiero non ha mai capito la natura della morte. Dobbiamo prendere in esame la struttura stessa del pensiero.
Non stiamo prendendo in considerazione il vostro modo particolare di pensare, perché è ovvio come pensate, dato che siete stati programmati. Ma se esaminerete seriamente in che cosa consiste il pensiero, allora entrerete in una dimensione del tutto diversa. Tale dimensione non è quella dei vostri piccoli problemi quotidiani. Dovete capire la tremenda energia del pensiero e la natura del pensiero, non dal punto di vista del filosofo, dell’uomo di religione, del professionista, della casalinga, ma dovete rendervi conto di quale enorme vitalità ci sia nell’atto di pensare.
Il pensiero è responsabile di ogni genere di crudeltà: le guerre, le macchine per uccidere, le brutalità della guerra, le uccisioni, il terrore, il gettar bombe, il prendere ostaggi in nome di una causa o senza di essa. Il pensiero è anche l’artefice di cattedrali, delle loro meravigliose strutture, di poemi incantevoli; è l’artefice di tutto lo sviluppo tecnologico, dei computer, con la loro straordinaria capacità di imparare e di superare la capacità di pensare dell’uomo.
Che cosa significa pensare? Pensare è una risposta, una reazione della memoria. Se non aveste memoria non sareste in grado di pensare. La memoria si imprime nel cervello come conoscenza, che è il risultato dell’esperienza. È questo il modo di funzionare del nostro cervello: prima c’è esperienza. Esperienza può significare anche quella fatta dall’uomo all’inizio della sua esistenza e che noi abbiamo ereditato.
L’esperienza dà conoscenza, quindi la conoscenza è immagazzinata nel cervello dando luogo alla memoria e dalla memoria proviene il pensiero. In base a quello che pensate, voi agite. E dall’azione imparate ulteriormente. Così il ciclo ricomincia. Esperienza, conoscenza, memoria, pensiero, azione; l’azione determina altre esperienze e quindi il ciclo torna a ripetersi. È così che siamo programmati.
Ci comportiamo sempre allo stesso modo: avendo il ricordo della sofferenza, cerchiamo di evitarla in futuro, non facendo quelle cose che la provocano. Questa diventa conoscenza, e ripetiamo sempre lo stesso schema. Con il piacere sessuale non facciamo altro che ripetere. È così che si muove il pensiero.
Guardate la meccanicità con cui funziona il pensiero, vedetene la bellezza. Il pensiero dice a sé stesso: “Sono libero di funzionare”. Ma il pensiero non è mai libero, perché si basa sulla conoscenza e la conoscenza è ovviamente sempre limitata. La conoscenza deve sempre essere limitata perché fa parte del tempo. Imparerò di più, ma per imparare altre cose devo avere tempo.
Non conosco la lingua russa e voglio impararla. Mi saranno necessari sei mesi, un anno o tutta la vita. Così la conoscenza è un movimento nel tempo. Tempo, conoscenza, pensiero, azione costituiscono il ciclo nel quale viviamo. Il pensiero è limitato; perciò qualsiasi azione compiuta dal pensiero deve essere limitata. Ma ogni limitazione del pensiero crea inevitabilmente divisione e conflitto.
Se dico di essere indù, se dico di essere indiano, pongo una limitazione e questa limitazione porta con sé corruzione e conflitto, perché qualcun altro dice: “Sono cristiano”, “Sono buddista”. Così c’è conflitto fra noi. Tutta la nostra vita, dalla nascita fino alla morte, non è altro che una serie di sforzi, di conflitti; e i tentativi per uscire da questa situazione a loro volta generano altri conflitti.
Così viviamo e moriamo in un conflitto senza fine e non ci chiediamo mai quale sia la radice di tale conflitto.
Questa radice è il pensiero, perché il pensiero è limitato. Ora, per favore, non dite: “Come faccio a fermare pensiero?”. Non è questo il punto. Il punto è osservare e capire la natura del pensiero.
J. KRISHNAMURTI
Fonte: discorsi a Saanen e ad Amsterdam 1981 ed. AEQUILIBRIUM – Milano
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