Castaneda racconta del suo magico incontro con l’affascinante e misteriosa Florinda Matus, l’impeccabile cacciatrice esperta nell’arte dell’agguato.

Un giorno, Florinda Donner-Grau e Taisha Abelar tornarono, e insieme andammo in Messico. In un grande magazzino di Guadalajara incontrammo Florinda Matus, la donna più bella che avessi mai visto: molto alta, quasi un metro e ottanta, snella, spigolosa, con un viso splendido che era vecchio e insieme giovanissimo…

“Ah! Eccovi qui!” esclamò nel vederci. “I tre moschettieri! Vi ho cercato dappertutto!”

E in un batter d’occhio prese in mano le redini della situazione: Florinda Donner-Grau ne fu prevedibilmente deliziata, Taisha Abelar reagì con il consueto riserbo; quanto a me, ero mortificato, quasi furioso. Sapevo che era un gruppo mal assortito.

Dopo che ci aveva definiti i tre moschettieri, ero più che pronto a incrociare la lama con lei. Ma risorse inaspettate vennero in mio aiuto, impedendomi di cedere all’ira e all’irritazione, e finii con l’andare perfettamente d’accordo con Florinda.

Lei ci governava con pugno di ferro, era la regina incontrastata della nostra vita. Aveva il potere, il distacco per portare avanti il suo compito di forgiarci nel modo più sottile, e non ci permetteva di sprofondare nell’autocommiserazione o di lamentarci, se qualcosa non era di nostro gradimento.

Non somigliava affatto a don Juan. Le mancava la sua sobrietà, ma tale mancanza era bilanciata da una prontezza sorprendente: le bastava un’occhiata per valutare una situazione e agire nel modo che da lei ci si aspettava. Uno dei suoi stratagemmi preferiti, e che anch’io apprezzavo immensamente, consisteva nel chiedere alle persone con cui stava parlando:

“Sapete qualcosa della pressione e dello spostamento dei gas?” Formulava la domanda con serietà assoluta, e, quando qualcuno rispondeva: “No, non ne sappiamo nulla”, diceva: “In questo caso posso dire quello che mi pare, no?”, il che era esattamente quello che faceva, e a volte diceva cose talmente comiche, che morivo letteralmente dal ridere.

Un’altra sua domanda tipica era: “Qualcuno dei presenti sa qualcosa della retina degli scimpanzé? No?”, e a quel punto si profondeva in assurdità sull’argomento. Non mi ero mai divertito tanto: ero il suo ammiratore e il suo devotissimo seguace.

Una volta mi venne una fistola sul bacino, conseguenza di una vecchia caduta. Ero precipitato in un dirupo pieno di cactus. Delle settantacinque spine che mi si erano conficcate nel corpo, una non era mai stata espulsa completamente, o forse aveva lasciato all’interno dei frammenti, che col tempo avevano causato la fistola.

“Non è niente”, disse il mio medico. “Solo una sacca di pus che va incisa. È un intervento semplicissimo, ci vorrà solo qualche minuto per ripulire tutto”.

Mi consultai con Florinda, che dichiarò: “Sei tu il Nagual. O ti curi da solo, o muori. Nessun compromesso, nessuna ambiguità. Se un Nagual si fa incidere da un medico, significa che ha perso il suo potere. Un Nagual che muore per una fistola? Che vergogna!”

Fatta eccezione per Florinda Donner-Grau e Taisha Abelar, gli apprendisti di don Juan non amavano troppo Florinda. Lei, anzi, costituiva una presenza minacciosa, qualcuno che non avrebbe mai concesso loro la libertà a cui sentivano di avere il diritto.

Lei non celebrava mai i loro pseudo successi sciamanici e li costringeva a interrompere le loro pratiche ogni qualvolta si allontanavano dalla Via del Guerriero. Ne II secondo Anello del Potere questa lotta tra gli apprendisti è più che palese. Erano un gruppo allo sbaraglio, individui malati di egocentrismo, dove ciascuno faceva il proprio gioco, ciascuno si sforzava di affermare il proprio valore individuale.

Da quel momento in poi, tutti gli eventi della nostra vita furono profondamente influenzati da Florinda Matus, che tuttavia non volle mai occupare un posto di primo piano. Rimase sempre una figura sullo sfondo, saggia, divertente e spietata. Florinda Donner-Grau e io imparammo ad amarla come non avevamo mai amato nessuno, e quando se ne andò, alla Donner-Grau lasciò il suo nome, i suoi gioielli, il suo denaro, la sua grazia e il suo savoir-faire.

Da parte mia, pensavo che non avrei mai scritto un libro su di lei. Se qualcuno doveva farlo, pensavo, quella era Florinda Donner-Grau, la sua autentica erede. Io ero come Florinda Matus… solo una figura sullo sfondo, messa lì da don Juan per alleviare la solitudine di un Guerriero, e godere del mio passaggio su questa terra.


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